Equilibrio vegeto-produttivo
Il rinnovamento della viticoltura avutosi in questi ultimi lustri ha comportato in progressivo aumento del valore dei vigneti ed importanti modifiche nella loro gestione,che deve necessariamente prevedere la valutazione ed il mantenimento nel tempo di una elevata efficienza fisiologica, quindi produttiva e qualitativa. Il vigneto equilibrato mantiene una efficienza elevata e costante nel tempo.
Condizioni di squilibrio per eccesso produttivo portano ad una ridotta velocità di crescita dei germogli che genera una superficie fogliare non sufficientemente sviluppata per sostenere la completa maturazione dell’uva.
Si registrano scadimenti qualitativi importanti, le viti diventano sensibili agli stress ambientali e presentano una limitata fertilità delle gemme per l’anno successivo. Le viti in condizioni di equilibrio vegeto-produttivo presentano germogli che rallentano la loro crescita in fioritura od allegazione per poi arrestarla prima dell’invaiatura. In questo modo le piante hanno fermato una superficie fogliare adeguata a sostenere la maturazione dell’uva e l’accumulo degli zuccheri all’interno degli acini.
La gestione del terreno nel vigneto biologico.
La conduzione di un vigneto biologico richiede una visione “globale” di un sistema complesso che, nel rispetto dell’ambiente,dovrebbe assicurare un soddisfacente livello produttivo e qualitativo. Nel “sistema vigneto” la gestione del suolo occupo un ruolo importante dal punto di vista ecologico e ambientale e può svolgere una funzione di sostegno non solo per la conservazione del suolo e della sua fertilità, ma anche per il mantenimento delle viti in equilibrio vegeto-produttivo, condizione fondamentale per ottenere uve di qualità.
Per quanto riguarda le esigenze nutritive della vite, non esistono particolari difficoltà nella coltivazione biologica. La vite è, nel complesso, poco esigente in elementi nutritivi.
Senza entrare nel merito delle specifiche problematiche, è opportuno sottolineare che il metodo biologico non interferisce in senso negativo sulle rese produttive del vigneto: al contrario, la ricostituzione di una migliore fertilità generale del suolo favorisce la vitalità microbiologica del terreno e la dotazione in microelementi. È da tenere comunque presente il bilancio della sostanza organica e degli elementi nutritivi: un aspetto da valorizzare, soprattutto nel biologico, sono gli apporti dei residui di potatura.
La gestione del suolo di un vigneto biologico è uno dei fattori chiave per assicurare la conservazione del terreno agrario e della sua fertilità e, contemporaneamente, il mantenimento delle viti in un equilibrio ottimale per la produzione di uve di qualità.
La gestione del suolo è uno dei punti nodali che caratterizzano l’agricoltura e, quindi, anche la viticoltura biologica. È da tenere presente che alcune tendenze e sperimentazioni della viticoltura moderna sono utili anche nel biologico.
Le lavorazioni del terreno sono limitate principalmente ai primi anni dell’impianto, agli ambienti con clima particolarmente asciutto o ai terreni molto sciolti.
La tecnica più diffusa nel biologico è quella dell’inerbimento che viene adattato alle diverse condizioni pedoclimatiche, alle esigenze vegetative e produttive della vite e ad altri aspetti, come il contenimento dell’erosione superficiale e la protezione della fertilità del suolo. L’inerbimento consiste nel rivestimento del terreno occupato dal vigneto con una copertura erbacea la cui crescita viene controllata per mezzo di trinciature o sfalci lasciando in situ la biomassa. L’inerbimento potrà essere, quindi, naturale o artificiale; presente per tutto l’anno (permanente) o per un periodo limitato (temporaneo); può interessare l’intera superficie dell’impianto (inerbimento totale) o soltanto una parte (inerbimento parziale).
La scelta varietale.
La scelta varietale in viticoltura biologica non segue una normativa particolare, pertanto si deve fare riferimento agli elenchi delle varietà ammesse alla coltivazione in una determinata area,che non prevedono per l’Italia ibridi produttori resistenti alle malattie fungine.
Se si considera che in Vitis vinifera non sono mai state segnalate resistenze nei confronti della peronospora,è del tutto impensabile poter fare viticoltura biologica affidandosi solo alla scelta varietale e alla tecnica colturale. Per produrre uva da vino in agricoltura biologica, come del resto in quella tradizionale, occorre partire da una accurata valutazione dell’agroecosistema in cui si deve operare,al fine di individuare eventuali fattori limitanti e approntare le pratiche agronomiche più idonee a massimizzare i risultati nel pieno rispetto dell’ambiente.
E’ sicuramente più “semplice” coltivare la vite nelle zone più vocate e la vocazionalità di un’area è espressa proprio dall’interazione tra vitigno, clima e suolo. Oggi la viticoltura ha a disposizione un mezzo estremamente efficace per l’individuazione delle aree vocate: la “zonazione”, che può essere definita “la risultante di un assemblaggio di informazioni provenienti dai settori climatico, pedologico e colturale, e un mezzo prezioso con cui gestire l’evoluzione e la conversione produttiva di un’area viticola” (Jean et al.,1987).
I criteri generali identificati sono i seguenti: varietà a vigoria contenuta (fogliosità equilibrata), per avere una situazione microclimatica migliore all’interno della chioma; maturazione precoce (ciclo breve), per sfuggire meglio alle malattie parassitarie e a condizioni climatiche avverse; grappoli spargoli, per diminuire l’incidenza di marciumi e favorire la distribuzione dei fitofarmaci; acini a buccia spessa, perché sono meno sensibili agli attacchi parassitari (in particolare alla tignoletta); varietà meno sensibili alle avversità più pericolose in quella determinata area; varietà con buona affinità di innesto con i principali portainnesti.
La viticoltura biologica si basa sulla ricerca del migliore equilibrio possibile tra piante e ambiente,che significa avere viti che raggiungono e mantengono un buon equilibrio vegeto-produttivo,con risvolti positivi sulla qualità delle uve e sui costi di produzione.
Considerato che clima e terreno sono due elementi fortemente condizionanti le successive scelte degli operatori agricoli e che la vite europea non possiede particolari caratteristiche di resistenza ai patogeni,la scelta varietale andrà fatta,a maggior ragione in biologico,proprio in funzione delle caratteristiche di clima e terreno e della capacità di mediazione tra terreno ed epibionte offerta dal portinnesto.
Condizioni di squilibrio per eccesso produttivo portano ad una ridotta velocità di crescita dei germogli che genera una superficie fogliare non sufficientemente sviluppata per sostenere la completa maturazione dell’uva.
Si registrano scadimenti qualitativi importanti, le viti diventano sensibili agli stress ambientali e presentano una limitata fertilità delle gemme per l’anno successivo. Le viti in condizioni di equilibrio vegeto-produttivo presentano germogli che rallentano la loro crescita in fioritura od allegazione per poi arrestarla prima dell’invaiatura. In questo modo le piante hanno fermato una superficie fogliare adeguata a sostenere la maturazione dell’uva e l’accumulo degli zuccheri all’interno degli acini.
La gestione del terreno nel vigneto biologico.
La conduzione di un vigneto biologico richiede una visione “globale” di un sistema complesso che, nel rispetto dell’ambiente,dovrebbe assicurare un soddisfacente livello produttivo e qualitativo. Nel “sistema vigneto” la gestione del suolo occupo un ruolo importante dal punto di vista ecologico e ambientale e può svolgere una funzione di sostegno non solo per la conservazione del suolo e della sua fertilità, ma anche per il mantenimento delle viti in equilibrio vegeto-produttivo, condizione fondamentale per ottenere uve di qualità.
Per quanto riguarda le esigenze nutritive della vite, non esistono particolari difficoltà nella coltivazione biologica. La vite è, nel complesso, poco esigente in elementi nutritivi.
Senza entrare nel merito delle specifiche problematiche, è opportuno sottolineare che il metodo biologico non interferisce in senso negativo sulle rese produttive del vigneto: al contrario, la ricostituzione di una migliore fertilità generale del suolo favorisce la vitalità microbiologica del terreno e la dotazione in microelementi. È da tenere comunque presente il bilancio della sostanza organica e degli elementi nutritivi: un aspetto da valorizzare, soprattutto nel biologico, sono gli apporti dei residui di potatura.
La gestione del suolo di un vigneto biologico è uno dei fattori chiave per assicurare la conservazione del terreno agrario e della sua fertilità e, contemporaneamente, il mantenimento delle viti in un equilibrio ottimale per la produzione di uve di qualità.
La gestione del suolo è uno dei punti nodali che caratterizzano l’agricoltura e, quindi, anche la viticoltura biologica. È da tenere presente che alcune tendenze e sperimentazioni della viticoltura moderna sono utili anche nel biologico.
La tecnica più diffusa nel biologico è quella dell’inerbimento che viene adattato alle diverse condizioni pedoclimatiche, alle esigenze vegetative e produttive della vite e ad altri aspetti, come il contenimento dell’erosione superficiale e la protezione della fertilità del suolo. L’inerbimento consiste nel rivestimento del terreno occupato dal vigneto con una copertura erbacea la cui crescita viene controllata per mezzo di trinciature o sfalci lasciando in situ la biomassa. L’inerbimento potrà essere, quindi, naturale o artificiale; presente per tutto l’anno (permanente) o per un periodo limitato (temporaneo); può interessare l’intera superficie dell’impianto (inerbimento totale) o soltanto una parte (inerbimento parziale).
La scelta varietale.
La scelta varietale in viticoltura biologica non segue una normativa particolare, pertanto si deve fare riferimento agli elenchi delle varietà ammesse alla coltivazione in una determinata area,che non prevedono per l’Italia ibridi produttori resistenti alle malattie fungine.
Se si considera che in Vitis vinifera non sono mai state segnalate resistenze nei confronti della peronospora,è del tutto impensabile poter fare viticoltura biologica affidandosi solo alla scelta varietale e alla tecnica colturale. Per produrre uva da vino in agricoltura biologica, come del resto in quella tradizionale, occorre partire da una accurata valutazione dell’agroecosistema in cui si deve operare,al fine di individuare eventuali fattori limitanti e approntare le pratiche agronomiche più idonee a massimizzare i risultati nel pieno rispetto dell’ambiente.
E’ sicuramente più “semplice” coltivare la vite nelle zone più vocate e la vocazionalità di un’area è espressa proprio dall’interazione tra vitigno, clima e suolo. Oggi la viticoltura ha a disposizione un mezzo estremamente efficace per l’individuazione delle aree vocate: la “zonazione”, che può essere definita “la risultante di un assemblaggio di informazioni provenienti dai settori climatico, pedologico e colturale, e un mezzo prezioso con cui gestire l’evoluzione e la conversione produttiva di un’area viticola” (Jean et al.,1987).
I criteri generali identificati sono i seguenti: varietà a vigoria contenuta (fogliosità equilibrata), per avere una situazione microclimatica migliore all’interno della chioma; maturazione precoce (ciclo breve), per sfuggire meglio alle malattie parassitarie e a condizioni climatiche avverse; grappoli spargoli, per diminuire l’incidenza di marciumi e favorire la distribuzione dei fitofarmaci; acini a buccia spessa, perché sono meno sensibili agli attacchi parassitari (in particolare alla tignoletta); varietà meno sensibili alle avversità più pericolose in quella determinata area; varietà con buona affinità di innesto con i principali portainnesti.
La viticoltura biologica si basa sulla ricerca del migliore equilibrio possibile tra piante e ambiente,che significa avere viti che raggiungono e mantengono un buon equilibrio vegeto-produttivo,con risvolti positivi sulla qualità delle uve e sui costi di produzione.
Considerato che clima e terreno sono due elementi fortemente condizionanti le successive scelte degli operatori agricoli e che la vite europea non possiede particolari caratteristiche di resistenza ai patogeni,la scelta varietale andrà fatta,a maggior ragione in biologico,proprio in funzione delle caratteristiche di clima e terreno e della capacità di mediazione tra terreno ed epibionte offerta dal portinnesto.
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