Il vino da uve biologiche
In questo nuovo modello agricolo che si va faticosamente prefigurando, la viticoltura occupa un posto di privilegio perché nella gestione della vite si sono, fin dal principio, combinate la tradizione e l’innovazione.
La dinamica dei vitigni biologici.
Il vino è tra i più antichi ed importanti derivati della trasformazione dei prodotto agricoli e costituisce un elemento distintivo della tradizione agro-alimentare italiana.
Il nostro Paese è da sempre il secondo produttore di vino all’interno dell’Unione Europea,preceduto soltanto dalla Francia (Eurostat, anni vari). Le superfici investite a vigneti coltivati con tecniche biologiche rappresentano oggi una quota ancora marginale degli investimenti complessivi (Distilleria, 2003).
Nell’arco degli ultimi 10 anni, l’estensione dei vigneti biologici è aumentata in misura esponenziale, e i vigneti biologici sono presenti soprattutto nel Mezzogiorno, a cui troviamo a seguire Sicilia e Sardegna. La restante parte delle superfici biologiche si concentra in misura significativa presso le altre regioni dell’Italia meridionale a cui segue l’Italia centrale e quella settentrionale.
La struttura degli operatori e la produzione.
Allo stato attuale, la vinificazione non è disciplinata per quanto concerne il metodo biologico. All’interno di tutti i paesi dell’U.E. la denominazione di vendita deve dunque fare riferimento a “vino ottenuto da uve da agricoltura biologica”. In pratica, ad oltre 15 anni dall’emanazione del Reg. CEE 2092/91,non sono ancora state inserite norme specifiche su questa materia. Si tratta di una situazione paradossale che in molti casi genera confusione nei consumatori interessati ad avvicinarsi al prodotto ed è motivo di competizione sleale con i vini di paesi terzi sui mercati extra-U.E., dove la dizione “organic”, cioè la traduzione inglese del termine biologico, è invece consentita.
Il consumo dei prodotti biologici in genere e quello dei vini ottenuti da uve biologiche in particolare, presentano una forte asimmetria a livello territoriale, sia in valori assoluti che come incidenza del peso relativo dei diversi canali. Per quanto riguarda i consumi di biologico,è risaputo che attualmente nell’Italia Settentrionale si concentra il 60% dei consumi di prodotti alimentari biologici confezionati venduti dalla Distribuzione Moderna. Tuttavia, il vino da uve biologiche, se di qualità, non ha nel supermercato un punto di vendita in grado di sostenere l’immagine del prodotto.
Il commercio intra-U.E. di vino.
In Italia, il vino da uve biologiche detiene una quota di mercato ancora molto piccola rispetto a quello del convenzionale. Il discorso vale anche per il prodotto commercializzato fuori dei confini nazionali,se l’intera analisi si limita al confronto dei volumi complessivamente movimentati e del giro di affari. L’interscambio di vino convenzionale all’interno dei paesi dell’U.E. è stimabile in oltre 6 miliardi di euro. Il biologico contrappone una cifra di affari stimabile intorno ai 25 milioni di euro.
Molte delle aziende italiane, soprattutto quelle specializzate, presentano una forte propensione all’export. L’incidenza delle esportazioni possono variare da un minimo del 15% ad un massimo del 95% della produzione complessiva. In generale, sulla base di varie stime si può valutare che, in media, oltre il 50% della produzione italiana di vino ottenuto da uve biologiche prenda la strade dell’estero (OMIaRD, 2002).
Scenari futuri.
Le vendite delle produzioni enologiche da uve biologiche possono trarre vantaggio dal sostegno di politiche di marketing istituzionali. I campi di intervento potrebbero riguardare il sostegno diretto all’attività delle imprese, le modalità di vendita del prodotto e l’approccio ai canali di distribuzione (Nomisma, 2003). Per quanto riguarda il primo punto, è necessario uno sforzo per favorire la diminuzione dei costi di certificazione.
In relazione al secondo aspetto, risulterebbe utile incentivare la presenza di aziende vitivinicole presso fiere del settore, soprattutto internazionali. Provvedimenti in tal senso possono favorire il mantenimento di una buona redditività delle aziende, aprendo nuovi sbocchi di mercato.
In ultimo, una politica di supporto alle vendite tramite aiuti alla creazione di consorzi per l’export potrebbe agevolare soprattutto le imprese di dimensioni più ridotte.
Come i mercati esteri hanno fatto da traino all’insieme di prodotti alimentari riconducibili al Made in Italy, allo stesso modo essi possono diventare un elemento di traino per la crescita ed il consolidamento del comparto vinicolo biologico.
La dinamica dei vitigni biologici.
Il vino è tra i più antichi ed importanti derivati della trasformazione dei prodotto agricoli e costituisce un elemento distintivo della tradizione agro-alimentare italiana.
Il nostro Paese è da sempre il secondo produttore di vino all’interno dell’Unione Europea,preceduto soltanto dalla Francia (Eurostat, anni vari). Le superfici investite a vigneti coltivati con tecniche biologiche rappresentano oggi una quota ancora marginale degli investimenti complessivi (Distilleria, 2003).
Nell’arco degli ultimi 10 anni, l’estensione dei vigneti biologici è aumentata in misura esponenziale, e i vigneti biologici sono presenti soprattutto nel Mezzogiorno, a cui troviamo a seguire Sicilia e Sardegna. La restante parte delle superfici biologiche si concentra in misura significativa presso le altre regioni dell’Italia meridionale a cui segue l’Italia centrale e quella settentrionale.
La struttura degli operatori e la produzione.
Allo stato attuale, la vinificazione non è disciplinata per quanto concerne il metodo biologico. All’interno di tutti i paesi dell’U.E. la denominazione di vendita deve dunque fare riferimento a “vino ottenuto da uve da agricoltura biologica”. In pratica, ad oltre 15 anni dall’emanazione del Reg. CEE 2092/91,non sono ancora state inserite norme specifiche su questa materia. Si tratta di una situazione paradossale che in molti casi genera confusione nei consumatori interessati ad avvicinarsi al prodotto ed è motivo di competizione sleale con i vini di paesi terzi sui mercati extra-U.E., dove la dizione “organic”, cioè la traduzione inglese del termine biologico, è invece consentita.
Il commercio intra-U.E. di vino.
In Italia, il vino da uve biologiche detiene una quota di mercato ancora molto piccola rispetto a quello del convenzionale. Il discorso vale anche per il prodotto commercializzato fuori dei confini nazionali,se l’intera analisi si limita al confronto dei volumi complessivamente movimentati e del giro di affari. L’interscambio di vino convenzionale all’interno dei paesi dell’U.E. è stimabile in oltre 6 miliardi di euro. Il biologico contrappone una cifra di affari stimabile intorno ai 25 milioni di euro.
Molte delle aziende italiane, soprattutto quelle specializzate, presentano una forte propensione all’export. L’incidenza delle esportazioni possono variare da un minimo del 15% ad un massimo del 95% della produzione complessiva. In generale, sulla base di varie stime si può valutare che, in media, oltre il 50% della produzione italiana di vino ottenuto da uve biologiche prenda la strade dell’estero (OMIaRD, 2002).
Scenari futuri.
Le vendite delle produzioni enologiche da uve biologiche possono trarre vantaggio dal sostegno di politiche di marketing istituzionali. I campi di intervento potrebbero riguardare il sostegno diretto all’attività delle imprese, le modalità di vendita del prodotto e l’approccio ai canali di distribuzione (Nomisma, 2003). Per quanto riguarda il primo punto, è necessario uno sforzo per favorire la diminuzione dei costi di certificazione.
In relazione al secondo aspetto, risulterebbe utile incentivare la presenza di aziende vitivinicole presso fiere del settore, soprattutto internazionali. Provvedimenti in tal senso possono favorire il mantenimento di una buona redditività delle aziende, aprendo nuovi sbocchi di mercato.
In ultimo, una politica di supporto alle vendite tramite aiuti alla creazione di consorzi per l’export potrebbe agevolare soprattutto le imprese di dimensioni più ridotte.
Come i mercati esteri hanno fatto da traino all’insieme di prodotti alimentari riconducibili al Made in Italy, allo stesso modo essi possono diventare un elemento di traino per la crescita ed il consolidamento del comparto vinicolo biologico.
Se ti è piaciuto l'articolo , iscriviti al feed cliccando sull'immagine sottostante per tenerti sempre aggiornato sui nuovi contenuti del blog:
0 commenti:
Posta un commento