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La viticoltura biologica in Italia.

viticoltura biologica mapIl settore biologico italiano attraversa un momento di assestamento, testimoniato anche dai più recenti dati produttivi. 

Sul piano del mercato, i prodotti biologici reggono alla crisi,tenendo sia nel settore della grande distribuzione, dove sono sempre più radicati, con un numero di referenze in crescita; sia nei canali di vendita alternativi, dalla vendita diretta ai mercati contadini, che attraggono un numero crescente di italiani che vogliono coniugare qualità e risparmio. Sul piano produttivo, l’agricoltura biologica italiana resta leader in Europa. 

Al 31 dicembre 2009, secondo le elaborazioni del Sinab sulla base dei dati forniti dagli Organismi di controllo, gli operatori biologici erano 48.509, con una riduzione complessiva, rispetto all’anno precedente, del 2,3%. A diminuire sono soprattutto i produttori agricoli (-3,7%), mentre crescono i trasformatori (+ 3,5%). Alla diminuzione degli operatori fa riscontro un netto aumento delle superfici (biologiche o in conversione): siamo infatti risaliti a 1.106.684 ettari, con un aumento del 10,4 % rispetto al 2008. In pratica, abbiamo meno aziende agricole biologiche ma di maggiori dimensioni. Il numero di operatori si attesta sui valori abbastanza costanti degli ultimi cinque anni (dal 2005), con piccole oscillazioni, mentre la netta ripresa delle superfici fa seguito all’altrettanto netta diminuzione che si era verificata nel 2008. 

L’Italia mantiene il primato in Europa per il numero di operatori certificati e resta leader per ettari di superficie coltivati secondo il metodo biologico (escludendo i pascoli gestiti in biologico, in cui la Spagna primeggia). Poche novità anche per quanto riguarda la distribuzione regionale e quella per colture. Nonostante i numeri forniscano nel complesso dei segnali positivi,è chiaro che c’è tanto da fare per ridare slancio a un settore che vede il nostro Paese ai primi posti nel mondo. 

Un cambiamento molto importante è costituito dal nuovo logo europeo del biologico: è importante che i consumatori familiarizzino subito con il nuovo marchio che sarà obbligatorio sui prodotti biologici confezionati. 

La consistenza della coltivazione biologica della vite in Italia ha seguito, nelle linee fondamentali, l’andamento produttivo generale dell’agricoltura biologica. Dopo un decennio di crescita a ritmi molto elevati, a partire dall’approvazione della normativa europea nel 1991, negli ultimi anni si sta registrando una diminuzione delle superfici coltivate e delle aziende, anche per quanto riguarda la viticoltura.

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L’andamento delle superfici dei vigneti biologici in Italia va inquadrato all’interno dell’andamento generale della superficie biologica totale. Infatti, non è un caso che nel 2002 - anno di massimo storico della superficie vitata biologica - si sia toccato anche il massimo della superficie agricola biologica: 1,2 milioni di ettari, tutti di superficie biologica certificata, con un aumento di quasi 200.000 ettari rispetto al 2000. Dal 2002 è iniziato il lento ridimensionamento del settore, che nel 2008 è ritornato al di sotto del milione di ettari complessivo: 954.361 ettari. I motivi dell’andamento negativo della superficie biologica, a partire dal 2002, sono stati in particolare tre:
  • la fine del periodo dei contributi per l’agricoltura biologica, previsti dai Psr (Piani di sviluppo rurale);
  • la crisi dei consumi legata alla crisi economica generale dell’Italia;
  • la mancata valorizzazione delle produzioni biologiche, in termini di prezzo all’origine, che ha indotto molte aziende ad abbandonare il biologico.
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La situazione viticola biologica regionale
Per analizzare in dettaglio la ripartizione regionale della produzione viticola biologica, occorre fare riferimento ai più recenti dati disponibili, che sono quelli aggiornati al 31-12-2003. Su un totale di 31.709 ettari esiste, come negli anni precedenti, una netta prevalenza del Sud e delle Isole. Otto regioni, comprese Abruzzo e Molise, rappresentano la metà della superficie nazionale (circa 16.517 ettari).
Sei regioni concentrano in totale quasi il 70% delle superfici viticole biologiche:

  • Sicilia 7.674 ettari
  • Toscana 3.946
  • Puglia 2.888
  • Abruzzo 2.589
  • Emilia R. 2.522
  • Marche 2.245
La diminuzione delle superfici dal 2001 in poi ha determinato anche un netto riequilibrio territoriale. Alcune regioni, che avevano superfici molto elevate, sono diminuite più di altre: in particolare la Sicilia, arrivata nel 2001 a 14.837 ettari, pari a circa il 37% del totale nazionale, che ora vede la sua incidenza scendere al 24%, e l’Abruzzo. 
 
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Il vivaismo viticolo biologico allo stato dei fatti
Ad oggi non esiste un vero e proprio vivaismo viticolo biologico. In Italia, come all’estero, il panorama è rimasto ancorato a poche aziende vivaistiche che hanno portato avanti un metodo di produzione finalizzato a soddisfare la richiesta di alcuni loro clienti. I limiti più evidenti per una produzione biologica tradizionale “in terra” possono essere cosi riassunti: 1) i terreni su cui viene impiantato il barbatellaio devono essere condotti con tecniche di gestione biologica da almeno 2 anni; 2) la particolare tecnica di forzatura facilita l’insorgere di muffe 3) l’obbligo di mantenere sano il barbatellaio si scontra con la necessità di ridurre gli apporti di rame; 4) il prezzo di vendita è ancora scollegato ai costi di produzione.
 
A differenza di alcuni anni fa,quando si pensava che un solo clone di una determinata varietà ed un solo portinnesto, potessero essere la risoluzione a tutti i problemi, oggi si assiste alla giusta richiesta di svariate selezioni clonali per mantenere all’interno di un vigneto quella biodiversità capace di adattarsi alle mutevoli condizioni climatiche. In virtù di questo il vivaista biologico dovrebbe attrezzarsi con una completa serie di accessioni clonali che di fatto è difficile da realizzare. 

La tecnica tradizionale è ancora ingestibile, biologicamente alla luce delle conoscenza attuali, anche in relazione agli elevati quantitativi di rame e zolfo da distribuire in barbatellaio. Per questo motivo la tecnica vivaistica si è indirizzata verso le produzioni fuori terra che permettono di risolvere un altro grande problema: la disponibilità di terreni idonei alla gestione biologica di un vivaio.
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