I romani si limitavano a curare la salute con gli esercizi fisici e le terme, unendo igiene, cosmesi e cura del corpo. Il consumo di aromi a Roma è sempre stato molto alto. La loro ignoranza in materia di medicina, nonostante la presenza dei greci nell'Italia meridionale e degli etruschi in quella centrale, era così grande che ancora sotto Plutarco e Tiberio si sosteneva che ogni persona dovesse curarsi da sola, senza ricorrere ai consigli altrui.

E' vero che nel V sec. a.C. essi istituirono la prima associazione corporativa, i farmacopoli, unici autorizzati a preparare e vendere i medicamenti. Ma sino all'arrivo dei medici provenienti dalla Grecia, nel 219 a.C., era il pater familias che curava con decotti, unguenti e cataplasmi, comprati presso i farmacopoli.

Con l'arrivo dei greci iniziano le prime opere a carattere di veri trattati di farmacognosia e di farmacoterapia. In esse i farmaci non vengono più riportati sotto forma di semplici elenchi o in appendice alle malattie, come negli scritti di Ippocrate, ma secondo criteri sistematici e descrittivi riferentisi all'uso, agli effetti utili o dannosi, al dosaggio, alle modalità di somministrazione, ecc. Sin dal I sec. d.C., a Roma, era uso comune coltivare orti con piante medicinali, e ai tempi di Cesare iniziarono ad operare i medici pubblici sovvenzionati dalle città. La prima traccia storica di una farmacia organizzata è emersa dagli scavi di Pompei.

Una cultura farmaceutica vera e propria a Roma iniziò con Galeno di Pergamo (129-199), anche se, prima di lui, nella Naturalis historia in 37 libri (di cui sette dedicati alle piante medicinali), di Plinio il Vecchio, scritta tra il 23 e il 79 d.C., vi sono 600 rimedi di origine vegetale, desunti dalle sue conoscenze del mondo greco: un'autentica enciclopedia di astronomia, geografia, antropologia, etnografia, zoologia, botanica, medicina, mineralogia, dove sono stati consultati 500 scrittori fra stranieri e latini e 2000 opere. Ancora oggi è fondamentale per farci apprendere le conoscenze della farmacologia degli antichi.

Sulla base dell'opera pliniana fu composta nel IV secolo la cosiddetta Medicina Plinii, prontuario medico ch'ebbe grande fortuna. La Naturalis historia fu una delle prime a essere riprodotta a stampa all'inizio del XVI secolo.

Prima di Galeno vi erano anche notizie di rilievo nel De Medicina di Aulo Cornelio Celso (25 a.C.-50 d.C.), fonte primaria su dieta, farmacia, chirurgia e materie connesse: una delle migliori fonti sulla conoscenza medica alessandrina. E nelle Compositiones (48 d.C.) di Scribonio Largo, che raccolgono 271 ricette contro ogni genere di male, per la qual cosa godette di enorme successo per tutta l'età imperiale.

Con Claudio Galeno (129-201) tuttavia, il medico più illustre di tutta l'antichità dopo Ippocrate, si è su un altro pianeta. Quale medico greco della corte dell'imperatore Marco Aurelio, ebbe modo d'imparare molto accompagnando i militari nelle loro campagne. A lui si deve la formalizzazione ufficiale delle antiche teorie sugli umori, che sono servite per spiegare il funzionamento del corpo umano sino all'inizio dello studio dell'anatomia umana nel XVI sec.

La sua opera principale, De simplicium medicamentis et facultatibus (i medicamenti citati sono 473) lascerà il segno per un millennio e mezzo. Fedele alla concezione umorale della malattia, egli catalogò i medicamenti in funzione del "calore" (o umore), secondo gradi crescenti, permettendo la scelta del farmaco con tale parametro per ogni malattia (Methodus medendi). In particolare applicava medicamenti con azione opposta a quella del male: p.es. farmaci refrigeranti nelle malattie calde. Il suo motto era "contraria contrariis curantur". Il medico stesso doveva preparare il medicinale e somministrarlo in modo oculato e con parsimonia al paziente. Alcune formule erano tenute segrete, riservate ai soli addetti.

I suoi discepoli si specializzarono nel distinguere, a seconda che l'uso fosse più o meno immediato, i medicamenti magistrali (infusi, decotti ecc.), perché basati sulla ricetta del medico, da quelli officinali, stabiliti dalle farmacopee ufficiali (acque distillate, tinture, sciroppi, polveri vegetali ecc.). Questi ricette furono poi trasmesse in Europa dagli arabi. Galeno scrisse oltre 400 libri di medicina, fisiologia e farmacologia, di cui solo 108 ci sono pervenuti.

Da citare anche Andromaco di Creta, medico di Nerone, che preparò la teriaca, composta di 61 ingredienti presi dal mondo animale e vegetale, portati a 73 dal medico Galeno. E il bizantino Oribasio (325-403), medico personale dell'imperatore Giuliano l'Apostata, che lasciò un'opera di medicina in 70 libri, giunta a noi solo in parte, un compendio di medicina in 9 libri e un trattato popolare in 4 libri. In particolare trattò della falsificazione delle droghe.