In un clima mediterraneo, il profumatissimo, sempreverde ro­smarino, che può superare i 2 metri d'altezza e diametro, fio­risce e rifiorisce con gran diletto delle api, che fanno bottino di polline e nettare.

Col­tivato nell'esilio del Nord, invece, dimen­sioni, fioritura, aroma e proprietà tera-peutiche si dimezzano, pur non alterando le qualità ornamentali. Il rosmarino vive bene sia in giardino, in piena terra, (per esempio a ridosso d'un muro volto a Sud) che in vaso sul balcone, e malgrado le sue origini "calde" sopravvive all'inverno sen­za dare troppi problemi.

LE VARIETÀ
Sono numerose, e un vivaio ben fornito in merito è Monverde di Brebbia in provin­cia di Varese (tei. 0332/772443) che vende anche per posta. Qualche consiglio. Se avete intenzione di
far crescere una bordurina scegliete una varietà nana (altezza 50 cm); per una sie­pe chiedetene invece una di buon svilup­po (altezza 120-150 cm).

In ogni caso pian­tate gli esemplari distanziandoli di mezzo metro e potateli a fine inverno. Perfetta da isolare vicino a una panca o a un mu­ro è la varietà piramidale, che ha porta­mento contenuto, svettante, mentre se vi serve una pianta che si espanda più in lar­ghezza che in altezza il rosmarino pro­strato (altezza circa 30 cm, fino a un me­tro di diametro) fa al caso vostro. Infine per un gruppo misto-colore in clima mi­te, rosmarini a fiore bianco, rosa, malva.

• Volete una pianta densa di rami e di foglie? Coltivatela in terreno grasso, an­naffiatela in abbondanza, tagliate in con­tinuazione le punte dei rami per non la­sciarla fiorire, proteggetela sotto il "tes­suto non tessuto" durante i mesi invernali.

• Preferite una pianta ben aromatica e di ricca fioritura? Coltivatela in terreno magro, a pieno sole, annaffiatela poco, non tagliate le punte dei rami; in feb­braio e in agosto somministrate un fer­tilizzante fosfo-potassico (per orto e frut­tiferi in genere).

• Desiderate "un mare" di rosmarini? In primavera-estate strappate dalla pian­ta che già possedete dei rametti giovani e metteteli in un bicchiere d'acqua (senza mai cambiarla); interrate quelli a cui spun­tano le radici quando queste sono lunghe quanto un'unghia. In inverno: interrate in un vaso i rametti legnosi comprati dal­l'ortolano dopo averli defogliati per metà della lunghezza. Ma dovrete essere pazienti e aspettare fino alla successiva estate, quan­do compariranno i nuovi germogli, per es­sere certe dell'avvenuta radicazione.

• L'aperitivo: 4 cucchiai di foglioli-ne fresche di rosmarino, 1 cucchiaio di foglie fresche di salvia, 1 cucchiaio di miele, 1 litro di vino rosso. Mettete in un pirex, scaldate a bagnomarìa per mezz'ora, lasciate raffreddare, filtra­te, imbottigliale.

• L'acqua di bellezza: preparate un infuso versando su una manciata di fiori e foglie fresche e contuse di ro­smarino un litro d'acqua bollente. La­sciate raffreddare, filtrate e conserva­te in frigorìfero. Questa "lozione" ser­ve per detergere la pelle impura, sciacquare la bocca per rinforzare le gengive, umettare piaghe e scottature per favorirne la cicatrizzazione.

UNA MANCIATA DI RICETTE
• il sale per la bistecca: 1 cuc­chiaio di foglie fresche di rosmarino, 1 cucchiaio d'aglio tritato, 1 foglia sec­ca e spezzettata di alloro, qualche gra­no di pepe bianco. Mescolate il tutto in mezzo chilo di saie marino, ripone­te in un vaso a chiusura ermetica. Pol­verizzate la quantità necessaria sulla carne cotta ai ferri.

• I fiori nel ghiaccio: mettete dei fiori freschi dì rosmarino nel portacu-betti di ghiaccio, colmate le vaschette con acquee limone, e congelatele. Con s i cubetti al rosmarino e timone tuffali ^§ in una caraffa potrete raffreddare e * £ aromatizzare del vino bianco o guar-£ nire il gelato alfe champagne.


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Salute & Benessere

In un territorio caratterizzato da terre rosse che ricoprono pianori e dolci rilievi, si producono rosati immediati e gradevoli, dal tipico sentore fruttato, da abbinare alla cucina marinara locale.


II Salento, il cosiddetto "tacco" dello stivale, è de­finito da pianure, da mo­desti rilievi dei Tavoliere di Taranto e di Lecce e dalle ondulazioni delle Serre, verso l'estremità della pe­nisola.

TERRENO: è costitui­to da una base calcarea tufacea permeabile, co­perta da uno strato di de­triti di rocce calcareo-ar-gillose, riconoscibile dal colore rosso, per la consi­stente presenza di ferro. Si rileva la mancanza qua­si totale di corsi d'acqua superficiali.


CLIMA: è caldo d'estate e temperato d'in­verno, con escursioni termiche tra giorno e notte. La diminuzione di calore nelle ore notturne giova al vigneto perché ne rallenta i processi di maturazione, permettendo alle uve di arricchirsi di aromi. Grazie a questo andamento cli­matico, il Salente è la zo­na viticola più felice del­l'intera regione. Ciò spie­ga perché i rosati salenti­ni si rivelano di buona ampiezza aromatica, pia­cevolmente pieni e sapidi.

La cultura del vino rosato non è molto diffusa. Vi sono episodiche produzioni de­gne di nota, spesso scono­sciute ai più. In quasi tutte le regioni il rosato è vissuto come una sorta di sottopro­dotto, come un rosso in­compiuto, ottenuto da una troppo breve macerazione del mosto, così che ne risul­ta un vino neutro, né bian­co né rosso.


In Puglia è di­verso: i vitivinicoltori salen­tini sanno che quelli prove­nienti dalle loro cantine so­no di alto profilo qualitati­vo, da porre ai vertici della produzione nazionale. E in­teressante osservare che in nessun'altra regione vinico­la il rosato è prodotto in modo così diffuso, né riveste tanta importanza.


Chi lo co­nosce, lo apprezza. A diffon­derne l'immagine contribui­rono i ristoratori pugliesi più attenti e attivi, che negli anni Sessanta cominciarono a operare in varie città ita­liane, proponendo vini di qualità, rosati compresi. Questi non passarono inos­servati, anche per i colori corallini e intensi, più simili a quelli di una bibita che di un vino. Grazie anche a queste bottiglie, l'immagine del vino pugliese, ritenuto pesante e grossolano, co­minciò a cambiare in senso positivo.
Alcuni vini rosati prodotti in Puglia sono doc: il Lizzano, il Salice Salenti-nò, il Leverano, l'Alezio. A fianco, vi sono altri vini di alta qualità che non hanno acquisito la doc, non per mancanza dei requisiti pre­visti, ma per averla rifiuta­ta, ritenendola restrittiva delle proprie potenzialità. Sono vini, quindi, che ven­gono genericamente chiamati "del Salento" o con nomi più o meno di fanta­sia come il Pive Roses o il Rosa del Golfo.

La penisola salentina si sviluppa a sud della linea immaginaria che congiunge Taranto a Brin­disi. La zona risulta legger-mente movimentata da ri­lievi, anche se non manca­no terreni pianeggianti.

LA STORIA
La coltivazione della vite nel Salento ha origini molto antiche; l'uva venne intro­dotta dal Medio Oriente, sin dai tempi della colonizzazione greca e rappresentava la coltura più importante. Le popolazioni dell'attuale Puglia venivano chiamate dai Greci Japigi: genti fiere, non si lasciarono assimilare dall'evoluta civiltà ellenica. Resistettero per secoli, indi­pendenti e fedeli alle pro­prie tradizioni, ma dovette­ro cedere ai Romani, che riuscirono a unificare cultu­ralmente le regioni conqui­state. Dopo la caduta del­l'impero, si succedettero le dominazioni straniere, a partire dai Barbari, che si alternarono ai Bizantini.

Musulmani e Longobardi si incontrarono in Puglia e, dopo la cacciata dei primi, la regione fu nuovamente spartita tra Longobardi e Bizantini. Seguirono le do­minazioni normanna e sve-va; soprattutto quest'ultima giovò allo sviluppo socioe­conomico della regione. Prima gli Angioini, però, e successivamente gli Arago­nesi, causarono una grave depressione economica e culturale.

Dopo l'unifica­zione nazionale, seguita al dominio borbonico, la re­gione intraprese un pro­gressivo percorso di rinasci­ta; l'esplosione demografi­ca, avvenuta nel secondo dopoguerra, ha creato non pochi problemi, di ordine economico e sociale. La Nili-coltura, negli ultimi treni an­ni, ha saputo proporre una nuova immagine di sé. commercializzando produzioni enologiche sempre più sele­zionate e mirate alle esigen­ze del mercato che non gra­diva più i pesanti vini tradi­zionalmente prodotti.

I ROSATI
Le uve alla base della pro­duzione dei rosati salenti-ni sono il Negroamaro e la Malvasia nera, vitigni di an­tica origine e autoctoni, che vengono estesamente coltivati nella regione. La colti­vazione delle viti ad albe­rello, le basse rese e l'im­piego limitatissimo di fito-farmaci sono i tratti caratte-ristici delle coltivazioni più qualificate.

Queste, nella vi­nificazione, utilizzano il frutto ottenuto dal cosiddet­to mosto fiore, che si rica­va dallo sgrondo e non dal­la torchiatura delle uve. Le uve, dopo la pigiatura, sono lasciate macerare con le bucce per 12-24 ore: il mo­sto, allora, è separato dalle parti solide semplicemente facendolo colare dalle winacce. I rosati salentini, inoltre, sono spesso smrìti per accompagnare la cucina marinara, perché, grane al­le note aromatìche fruttate. sono preferiti ai più anoni­mi bianchi locali.

La cucina ittica, però, deve essere sa­porita come quella del ter­ritorio: non solo sono gu­stosi i pesci, ma anche gli ingredienti impiegati per cucinarli. Si utilizzano, per­tanto, i piccoli pomodori, le erbe aromatiche e l'olio ex­travergine d'oliva. Tra le va­rietà dei vini rosati prodotti nel Salente ecco qui alcuni tra quelli più significativi.

ALEZIO
II vino è prodotto a est di Gallipoli, in una zona che si affaccia sul Mar Ionio, nei Comuni di Alezio e di San­nicola, e in parte quelli di Gallipoli e di Tuglie. Il vino, che prima della doc era de­nominato Rosato del Salen­te, è prodotto con uve negroamaro e da una percen­tuale non superiore al 20% costituita dai vitigni Malva­sia Nera di Lecce. Sangio­vese e Montepulciano. uti­lizzati soli o insieme: la resa delle uve non deve superare 140 quintali per ettaro.

Al consumo. L'alezio ha colore rosa corallo intenso, talvolta cerasuolo: odore ricco e delivato, fruttato, con possibili vaghi sentori di bergamotto: il sapore è sapido, asciutto, vellutato con fondo amarognolo, sostenuto da 12° alcolici. Lo si propone a 14° per accompagnare tutte le porta­te di un pranzo. Servito circa a 12 °C. si abbina a preparazioni di pesce an­che saporite.





LIZZANO
In provincia di Tarante, nei Comuni di Lizzano e Fag-giano e in alcune isole am­ministrative di Taranto, so­no prodotti il Lizzano rosa­to e il Negroamaro rosato. Il Lizzano rosato, un tempo chiamato "Lacrima" perché ottenuto solamente con il mosto fiore, oggi nasce dai vitigni Negroamaro (60-80%), Montepulciano, San­giovese, Bombino nero, Pinot nero insieme o separa­tamente per un massimo del 40%; Malvasia nera di Brin­disi e/o di Lecce (10% max).

La resa dell'uva è di 140 quintali per ettaro e il vino deve avere almeno 11,5 gradi alcolici. Ha colo­re rosa tendente al rubino delicato con possibili riflessi violacei; l'odore è vinoso, caratteristico, fruttato, di buona intensità; il sapore, a-sciutto, è fresco e armonico. Si serve a 12 gradi in pranzi a base di pesce, con spa­ghetti al ragoùt di totano, triglie in umido, tonno alle olive e capperi. E vinificato, inoltre, nella versione no­vello o giovane e nelle tipo­logie frizzante e spumante. Il Lizzano Negroamaro ro­sato è prodotto con uve Ne­groamaro (minimo 85%); la resa dell'uva per ettaro è di 140 quintali, mentre il tasso alcolico non deve essere in­feriore a 12 gradi. Ha colore rosa tenue con riflessi pur­purei; l'odore è fragrante, caratteristico; il sapore è a-sciutto e delicato. Il vino, servito a 12-14 gradi, ac­compagna tutte le portate di un pranzo, meglio se a base di carni bianche e arrosto.

SALICE SALENTINO Al Salice Salentino è stata riconosciuta la doc nel 1976. Oggi la produzione è regolamentata dal discipli­nare decretato nel 1991. La zona, non distante dai mari Ionio e Adriatico, si svilup­pa nel cuore del Salente, nella lascia settentrionale del Leccese sino a com­prendere una parte del Brindisino. Il vino è prodot­to con uve Negroamaro alle quali si aggiungono Malva­sia nera di Brindisi e/o Malvasia nera di Lecce (20% max). La resa delle u-ve è di 120 quintali per et­taro; il vino ha colore rosa­to tendente al cerasuolo te­nue; l'odore vinoso, persi­stente, trattato, fiorito da giovane, diventa dopo bre­ve invecchiamento più profondo; ha sapore asciut­to, pieno, caldo, vellutato con leggera vena amaro­gnola. Si serve a 12 gradi di temperatura con anguilla in umido, grongo al pomodo-ro, paillard di vitello, coni­glio al rosmarino.

LEVERANO
II Leverano rosato è un vi­no gradevolmente corposo, di carattere. La zona di pro­duzione comprende il Co­mune di Leverano e in par­te quelli di Arnesano e Co­pertine (Lecce). E un esem­pio di vino equilibrato, po­co conosciuto fuori dell'a­rea di produzione. 11 Leve­rano è vinificato con uve Negroamaro, Malvasia nera di Lecce, Sangiovese, Mon-tepulciano (35% max); Mal­vasia bianca, che non deve superare, se presente, il 10%. La resa massima delle uve è di 150 quintali per et­taro (le migliori produzioni hanno rese più contenute), mentre il tenore alcolico minimo è di 11,5 gradi. Il vino ha colore rosato con riflessi cerasuoli e corallini; il profumo, fruttato, è ricco, ampio e avvolgente; il sapo­re è asciutto, fragrante, giustamente pieno. Servito a 12 gradi, è da tutto pasto. per i pranzi estivi e di mez­za stagione, e accompagna primi piatti, pesci, carni bianche senza intingolo.

ROSA DEL GOLFO E un vino molto reputato. che nasce dai vitigni Ne-groamaro (90%) e Malvasia nera, coltivati nei tenitori di Alezio, Veglie. Campi Salentina e Sannicola. U me­todo di vinificazione impie­gato è tradizionale "a lacri­ma", che utilizza, cioè, il mosto fiore. Dopo la fer­mentazione a basse tempe­rature, il vino matura per sei mesi in vasche di acciaio inox. Alla commercializza­zione possiede i 2 gradi al­colici, presenta colore rosa­to, con riflessi corallini: il profumo è intenso con sen­tori fruttati. Il sapore è pia­cevole, pieno. Servito a 10-12 gradi, accompagna spa­ghetti alla scogliera, mo­scardini affogati, grigliate di pesche, lumachine di mare in umido. Proposto a 12-14° è da tutto pasto, per i pranzi estivi e di mezza stagione, e accompagna primi piatti, pesci, carni bianche senza intingolo.

PIVE ROSES
II vino è prodotto in pro­vincia di Lecce, con uve Negroamaro (90%) e Mal­vasia Nera. La resa delle u-ve è di 60-70 quintali per ettaro. Il vino ha colore vermiglio trasparente, pro­fumo vinoso, fruttato, so­prattutto anando è giovane. Il sapore è asciutto, caldo e armonico. Giovane, servito a 10-12 gradi di temperatu­ra, accompagna antipasti di salumeria, orecchiette ai broccoletti, tagliolini al ra-goùt di coniglio, petto di pollo al vapore. Le produ­zioni più mature, proposte a 12-14 gradi di temperatu­ra, si servono con scaloppi­ne di vitello, petto di farao­na stufato, scottadito di agnello, carni rosse alla brace.

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Salute & Benessere

Per dare un tocco di sapore e per aromatizzare un piatto di verdure, pasta, o pesce, basta un cucchiaio di questo morbido impasto bruno, ricavato dalle olive mature, tipico della cucina provenzale e rivierasca
La pasta scura che si ricava tritando le olive si trova facilmente in tutta la fascia costiera dalla riviera ligure di Ponente fino alla Provenza.

Lungo questo affascinante e pittoresco cammino si snoda tutta una serie di piatti con i sapori del mare, del sole, del pesce e delle verdure che crescono sulle colline a terrazze. In Provenza prende il nome di "tapenade" e si spalma con abbondanza su morbide e croccanti fettine di "baguette", o si serve con le saporite formaggelle di capra. In Italia questo prodotto, chiamato "pàté di olive", si consuma, stemperato con un po' di burro (giusto un velo) sulle fette di pane

CRUDITÀ DI STAGIONE
Ingredienti: dose per 4
un vasetto di pàté di olive - un peperone rosso - un peperone verde - sedano a coste - burro - sale

Preparazione: mondare, lavare, asciugare e dividere a falde il peperone rosso, quello verde e ridurre a bastoncini regolari alcune coste di sedano. Lavorare il burro morbido con una frusta trasformandolo in spuma, quindi amalga­marlo con qualche cuc­chiaiata di pàté di olive, un pizzichino di sale e, successivamente, distri­buire il composto sulle falde di peperone.

Siste­marle in un piatto da por­tata ovale alternando i colo­ri e inserendo, fra l'una e l'altra, i bastoncini di sedano. Guarnire con ciuffetti di prezze­molo e tenere in frigorifero fino a momento di presentare il piatto in tavola.

MEDITERRANEA
casereccio scaldato nel forno perché ne esalti la sapidità e il gusto. Anche la passata di pomodoro casalinga acquista una personalità più decisa con l'aggiunta di abbondante pàté di olive; versata sulla pasta, completata da una generosa spolverata di ricotta dura, questa salsa arricchita finisce così per trasformare il più semplice dei piatti mediterranei in una allegra tavolozza di colori.

Per non rischiare che il vasetto di pàté d'olive resti inutilizzato, suggeriamo di adoperarlo con un pizzico di fantasia e farlo diventare un aiuto prezioso in cucina e in tavola. Vediamo qui di seguito come trasformare facili ricette in autentiche "specialità da buongustai".


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