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Alla scoperta delle tradizioni vitivinicole siracusane e dei vitigni caratteristici.

La Sicilia, per condizioni climatiche, temperatura mite, terre collinose, leggera brezza di mare e sole acceso, ricorda i territori della California e dell'Australia.

Queste qualità risultano ideali e rendono la Sicilia l'isola del vino.
In effetti, la Sicilia testimonia con i suoi vini la secolare vocazione viti-vinicoltura che affonda le proprie radici già in età Greca, allorché si diede origine a quel binomio, Sicilia e Vini, ormai noto il tutto il mondo.

I vini presenti sul territorio siracusano abbracciano un circuito di cultura, mito e storia che caratterizzano ciascuno dei prodotti enologici citati in precedenza.

I metodi di lavorazione, di fermentazione e d’ imbottigliamento sono differenti per ciascun prodotto poiché differenziati da odori, profumi e colori tipici del vigneto d’appartenenza.

Anche le caratteristiche fisiche, nonché di sapori e profumi sono diversi per ciascun vino, lasciando al consumatore la possibilità non solo di scegliere ma anche di godere di tutte le caratteristiche del prodotto.

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Grazie alle caratteristiche di ciascun prodotto, nonché alla grandissima varietà di scelta per ciascuna tipologia di vino ( bianco, rosato, rosso), ci si può sbizzarrire e divertire mischiandoli e incrociandoli, toccando le papille gustative più raffinate e invitando i palati più esigenti. La storia del vino è un po' la storia stessa dell'umanità. Ogni civiltà, impero, vicenda politica e di potere ha avuto le proprie storie di vino, più o meno legate agli eventi stessi che hanno delineato il corso della storia.

Nella zona di Siracusa, la coltivazione della vite è stata per lungo periodo l'attività agricola prevalente ed ha dato vita ad una rilevante tradizione vitivinicola. La provincia si caratterizza per alcune produzioni di eccellenza, basate su vitigni autoctoni e non, che si possono fregiare dei marchi di origine DOC o IGT.

Il Moscato di Siracusa.

È un vino di colore giallo oro, rotondo ed armonico, con un'impronta serena e delicata come una melodia che mette subito di buon umore. Il Moscato di Noto è una variante nata poco più di mezzo secolo fa nella Cantina Sperimentale di Noto, allo scopo di ottenere un vino fine e profumato che potesse essere gustato giovane, senza la necessità di un lungo invecchiamento. Prodotti in quantità limitate, come si addice ad una gemma preziosa, questi vini di singolare bellezza - indubbiamente tra i più bei moscati d'Italia - onorano l'enologia siciliana.

Il Moscato di Siracusa secondo il celebre storiografo ed enologo Saverio Landolina Nava (1743-1814) sarebbe identificabile con l'antico Pollio siracusano, ottenuto dall'uva Biblia (dai monti Biblini, in Tracia), che fu introdotta a Siracusa da Pollis, mitico tiranno della città. Se così fosse, le sue origini risalirebbero al VIII-VII secolo a.C., e il Moscato di Siracusa potrebbe essere considerato il vino più antico d'Italia. Ancora oggi, seppur in quantità ridotte, questo vino viene prodotto nel territorio comunale di Siracusa con uve di Moscato Bianco sottoposte a un leggero appassimento.

Il Nero d'Avola.

È il più grande vitigno a bacca rossa della Sicilia e viene coltivato in una vasta fascia che taglia a metà l'isola, dalla costa tirrenica di Casteldaccia e Cefalù, a est di Palermo, fino a quella del canale di Sicilia fra Marina di Ragusa, Pachino e Noto. La viticoltura nell'area del Nero d'Avola ha radici antichissime, risalenti fino al V secolo a.C.
Questo vino, nelle sue varie versioni, è destinato a grande invecchiamento. Le bottiglie devono essere conservate orizzontali e stappate qualche ora prima del consumo, meglio se fatte decantare in caraffa.

Il BachYnum di Pachino.

Il vino nero dell’antica tradizione di Pachino è detto anche il “quarantottore”,
Pachino ha svolto per parecchi anni il ruolo di centro di produzione di mosti e vini prevalentemente impiegati per il taglio di vini più blasonati, acquistati dal nord d'Italia o dalla Francia in grandi quantitativi. Interi bastimenti venivano riempiti presso il vicino porticciolo di Marzamemi per poi prendere il largo verso i porti di Livorno o Genova, e poi proseguire verso il Piemonte ed oltre.

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Il Frappato.

Il Frappato è un vitigno a bacca rossa presente in tutta la Sicilia ma essenzialmente nella provincia di Siracusa e in quella di Ragusa.

Il vitigno è molto antico e le prime notizie certe lo fanno risalire al XVIII secolo. La sua origine non è nota e sembra possa non essere un vitigno autoctono ma proveniente dalla penisola iberica. Ne esistono due varietà molto simili con grappoli piuttosto allungati e con acini molto ravvicinati di colore rosso intenso tendente al violetto. Questa caratteristica ha un aspetto negativo in quanto quando l'uva è matura gli acini si pressano a vicenda provocando la spaccatura di alcuni di essi. Questo provoca la formazione di muffe ed un inquinamento del prodotto.

Ma anche vinificato in purezza, il Frappato è un vino suadente dal profumo intenso e delicato e dal sapore fresco ma ben strutturato. La sua presenza nel Suber aggiunge un aroma di pesca gialla e una nota gustativa leggermente tannica.

Altre notizie provengono dal primo novecento, presumendo un'origine spagnola dove sono presenti due varietà similari. Di certo si sa che era presente nella Sicilia orientale già dal XVII secolo, con il nome di Frappato dal significato di “fruttato”.

Eloro.

L'Eloro è un vino a Denominazione di Origine Controllata (DOC) riservata a vini prodotti nella Provincia di Siracusa precisamente nei comuni di: Noto, Pachino, Portopalo di Capo Passero, Rosolini e nel comune di Ispica della Provincia di Ragusa

I vini ammessi alla DOC sono i seguenti:

·         Eloro rosato

·         Eloro rosso

·         Eloro Nero d'Avola

·         Eloro Frappato

·         Eloro Pignatello

·         Eloro Pachino

·         Eloro Pachino riserva

Albanello.

Citato nel 1700 per le qualità del vino omonimo costituisce uno dei vitigni storici coltivati in provincia di Siracusa.

La coltivazione è limitata alla provincia di Siracusa, dove si è andata notevolmente riducendo a pochissimi esemplari, ceppi sparsi sono presenti anche nei vigneti ragusani.
La pianta è di media vigoria, foglia medio-grande, grappolo medio, cilindro-conico, leggermente spargolo, talvolta alato, acini medi, sferoidali o ovoidali, con ombelico evidente, buccia mediamente pruinosa, spessa e consistente, di colore giallo chiaro tendente al verdolino, dorata nella parte esposta al sole, polpa molto dolce. Maturazione media.
Generalmente viene vinificato insieme ad altre uve. Il vino è particolarmente fine, di colore giallo paglierino carico, dotato di ricco corredo aromatico e buona struttura gustativa.

Il Moscato di Noto.

è una variante de Moscato di siracusa, oggi riconosciuto come vino doc.

Il Moscato di Noto è frutto del lavoro di tanti viticoltori che non hanno voluto dimenticare secoli di storia continuando caparbiamente a coltivare il vitigno che ne è la base. Elorina ne ha raccolto e valorizzato l’impegno vinificando le loro uve e producendo un vino dolce e morbido, caldo e avvolgente.

La leggenda narra che il nome delle uve, da cui si produce il Moscato, trae origine da quanto accadde ad un dei servi della gleba di Falaride, tiranno in Sicilia, il quale era stato messo dal suo padrone a guardia di certe uve dai grappoli succosi dolcissimi di cui andava ghiotta la figlia cieca del tiranno. Il poveretto aveva l’incarico di passare per i vigneti con una verga per scacciare le mosche. Un giorno, stremato dalla calura e dalla stanchezza, il servo si appisolò e al suo risveglio scoprì che gli acini erano stati tutti punti dagli insetti. La figlia del tiranno trovò che quell’uva era di gran lunga migliore del solito così spiegò che il sonno era stato voluto dalla dea Demetra , affinché le api addolcissero la sua uva lasciando su ogni acino un segno per poterla riconoscere. Al di là della legenda, studi condotti dall’archeologo dott. Santocono Russo sulle ceramiche e sui vasi potori ritrovati nella grotta di Sbirulia , a pochi chilometri da Noto, hanno portato alla conclusione che nella zona il vino fosse già conosciuto circa 200 anni prima di Cristo.
Il Dalmasso ricorda nella "Storia della vite e del vino d’Italia" che i moscati hanno origini remotissime e provengono sicuramente (Gallesio) dal bacino orientale del Mediterraneo. Essi sono comunque da identificare con l’Apicia o Apianae di Catone, così chiamate per indicarne la predilezione da parte delle api. Da tanto culto per il vino ed i vini dolci in particolare e dalla geniale sensibilità enologica del dott. Montoneri – direttore della Cantina Sperimentale di Noto dal 1902-1943 - nasce all’inizio del novecento il Moscato di Noto. All’inizio degli anni settanta la stessa Cantina, si fece portavoce degli interessi e della volontà dei produttori ed elaborò il disciplinare di produzione della D.O.C. Moscato di Noto approvato il 14 Marzo 1974.

La tradizione vitiinicola dell'area sud orientale della Sicilia è ben viva nella memoria della gente del luogo. Qui la coltivazione della vite è stata per lungo periodo l'attività agricola prevalente. La coltivazione del nero d'avola ad alberello è lunga e faticosa, e fino a pochi decenni fa veniva svolta manualmente, con solo l'ausilio di un mulo per svangare la terra o per trasportare le botti di vino dal palmento alle rivendite. Pachino ha svolto per parecchi anni il ruolo di centro di produzione di mosti e vini prevalentemente impiegati per il taglio di vini più blasonati, acquistati dal nord d'Italia o dalla Francia in grandi quantitativi. Interi bastimenti venivano riempiti presso il vicino porticciolo di Marzamemi per poi prendere il largo verso i porti di Livorno o Genova, e poi proseguire verso il Piemonte ed oltre.

La zona è oggi al centro di un grande itneresse e di valorizzazione sotto il profilo commerciale, grazie a caratteristiche pedoclimatiche tali da permettere di ottenre vini di grande pregio, corpo estruttura, basati prevalentemente silla coltivazione di vitigni quali il "Nero d'Avola" o Calabrese, e il Moscato bianco.

Il percorso principale, prevede una serie di percorsi secondari attraverso le aree vitate di maggiore elezione, attraverso le quali è possibile raggiungere le aziende produttrici.

Si parte da Siracusa per assaporare il gustosissimo Moscato di Siracusa e Noto vini assolutamente classici, di colore giallo oro, rotondi ed armonici, hanno un impronta serena e delicata come una melodia e mettono subito di buon umore. Il Moscato di Noto è nato poco più di mezzo secolo fa nella Cantina Sperimentale di Noto, comune afferente alla provincia di Siracusa, allo scopo di ottenere un vino che potesse essere gustato giovane, senza la necessità di un lungo invecchiamento, fine e profumato.

Prodotto in quantità limitate, come si addice ad una gemma preziosa, questo vino di singolare bellezza - indubbiamente tra i più bei moscati d'Italia - onora l'enologia siciliana. Si prosegue alla volta del pregiato Nero d'Avola DOC La viticoltura nell'area del Nero d'Avola ha radici antichissime. Esistevano vigneti già nel V secolo a.C., e le prime notizie certe sull'esistenza del sito chiamato oggi Regaleali risalgono al Medioevo, quando su alcuni documenti compaiono riferimenti alla località Racaliali. Il Nero d'Avola è il più grande vitigno a bacca rossa di tutta la Sicilia, esteso in una vasta fascia che taglia a metà l'isola, dalla costa tirrenica di Casteldaccia e Cefalù, a est di Palermo, fino a quella del canale di Sicilia fra Marina di Ragusa, Pachino e Noto. La parte più importante agli effetti della produzione di questo vino è quella settentrionale e s'identifica con il nome di due aziende di grande storia, la Regaleali di Vallelunga, presso Caltanisetta, e la Duca di Salaparuta a Casteldaccia. Il Nero d'Avola, nelle sue varie versioni, è destinato a grande invecchiamento. Le bottiglie devono essere conservate orizzontali e stappate qualche ora prima del consumo, meglio se fatte decantare in caraffa.

Dopo avere assaporato l'emozione del vino avolese si arriva al vino di Pachino È il “quarantottore”, il vino nero di dell’antica tradizione di Pachino, proprio per la permanenza nelle vasche di fermentazione con le bucce per 48 ore, il nome BachYnum vuole riprendere l’antico modo con cui i contadini di Pachino chiamavano il paese. Il nostro vino, BachYnum, ha in se una cultura storica senza la quale esso non potrebbe essere ciò che è, e considerarlo alla stregua di una semplice bevanda industriale equivale a defraudarlo della propria essenza. Vogliamo quindi proporre e difendere il nostro vino come prodotto agricolo culturale nella sua unicità, contro la massificazione di un mercato sempre più globalizzato. Chi ama il vino è consapevole che ogni annata porta con se la propria particolarità. Il vino va capito e consumato non come prodotto sempre uguale, in quanto mai uguali sono le condizioni climatiche che influiscono sul territorio e sul lavoro dell’uomo.

La degustazione del nostro vino è opportuno che avvenga tenendo presenti le peculiarità che intendiamo offrire. Infine iil viaggio culmina nella zona di Eloro. Eloro DOC prende il nome dalla cittadina di Eloro, in provincia di Siracusa. La cittadina, sito archeologico molto importante che testimonia il dominio greco, produceva un vino pregiato detto Pollio. Il vino viene prodotto nelle tipologie rosso, bianco e rosato. Tutti prevedono la fermentazione del mosto a contatto con la vinaccia ed ha una durata variabile: da 2 a 3 giorni per i vini rossi giovani, oltre i 15 giorni per quelli di grande struttura, destinati a un invecchiamento più o meno lungo. Seguono la fase della svinatura, con la separazione della vinaccia dal mosto, i travasi, l’affinamento e l’invecchiamento. Al termine di questo periodo, che può essere anche molto prolungato, i vini vengono stabilizzati e, infine, imbottigliati. In particolare, l’Eloro DOC Rosato, prevede la rottura dell’acino e non dei raspi (pressatura soffice) e successivamente il mosto viene messo nei fermentini, dove subisce una breve macerazione e una modesta solfitazione.

vino moscato siracusa

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