I SALUMI.
In passato, i contadini vivevano in povertà senza un regime alimentare vario; quindi gli insaccati rappresentavano l’unico apporto di proteine e grassi animali. Essi rispondevano inoltre al bisogno fondamentale di conservare per lunghi periodi le carni. Per questo, ogni casa in Trentino era dotata di una “càneva” o di un “vòlt” destinato alla stagionatura dei salumi, o di un caminetto dove affumicare le carni.
Lucanica trentina.
La lucanica stagionata, presidio Slow Food, ha ricette diverse a seconda delle aree geografiche, tutte riconosciute come tipicità. Da gustare soprattutto insieme alla polenta e alla torta di patate, viene confezionata con carne fresca di suino, sale, pepe nero macinato, aglio tritato e rimane appesa a stagionare dai quaranta giorni ai tre mesi.
Mortandela della Val di Non.
La lavorazione è artigianale: le carni del maiale vengono appallottolate manualmente e adagiate su assi di legno cosparse di farina di grano saraceno. Dopo due o tre giorni di stagionatura se consumata cotta, e almeno un mese se cruda, la mortandela della Val di Non, Presidio Slow Food, viene gustata in abbinamento a polenta o verdure lessate.
Ciuìga del Banale.
Da autunno a marzo nella zona del Banale si produce questo insaccato fresco di carni miste, suine e bovine, e rape. La storia di questo prodotto, presidio Slow Food, racconta tempi difficili in cui le famiglie vivevano in estrema povertà e aggiungendo ai resti delle carni, la rapa, si garantivano la sussistenza.
Carne salada del Trentino
La carne salada, espressione dialettale che indica la carne salmistrata, è una delle grandi specialità trentine. Originaria del Basso Sarca, oggi presente in tutto il Trentino, viene prodotta lasciandola 20-25 giorni in una miscela di sale grosso, alloro, pepe nero in grani, bacche di ginepro, aglio e rosmarino. Servita abitualmente con i fagioli sia cruda sia cotta, è una carne magra, di colore rosso rubino e gradevolmente aromatica.
TROTE E SALMERINI.
Per le peculiarità delle sue acque il Trentino rappresenta uno dei luoghi simbolo della troticoltura italiana, che si è diffusa a partire dalla seconda metà dell’Ottocento. Qui il pesce viene allevato nelle acque pulite e ben ossigenate delle sorgenti che sgorgano dai ghiacciai dolomitici, in un habitat ideale che garantisce qualità e genuinità. La freschezza di queste fonti, inoltre, fa sì che le trote impieghino tra i diciotto e i ventiquattro mesi per raggiungere la dimensione ideale: una crescita lenta che porta una miglioria delle proprietà organolettiche.Il rigoroso rispetto del disciplinare di produzione e l’adozione di un piano di alimentazione costituto esclusivamente da mangimi controllati assicurano la qualità superiore delle nostre trote e dei salmerini di montagna. Non solo: l’utilizzo di farine di gambero e di farine ottenute dal lievito consente di ottenere anche una “salmonatura naturale”.
Trota iridea.
La trota, unica per la magrezza e la delicatezza della carne, ricca di proteine nobili e di sali minerali, facilmente digeribile, è considerata un alimento prezioso all’interno di un regime dietetico equilibrato. Molto apprezzato il suo apporto di “omega 3”, particolarmente indicati nella prevenzione di malattie cardiovascolari, e il bassissimo contenuto di colesterolo.Prodotti freschi tradizionali, quali la trota intera già pulita o il filetto, pronti da cuocere, come i tranci panati, oppure da consumare direttamente come il carpaccio, i filetti affumicati e marinati, le polpette e il sugo. Davvero stuzzicanti sono poi gli hamburger, pensati in particolar modo per i più piccoli.
Salmerino.
Di aspetto simile alla trota, il Salmerino se ne distingue per la colorazione più vivace, caratteristiche le numerose macchiette rosse sui fianchi, per la forma maggiormente slanciata e per il gusto ancora più delicato, che lo rende un pesce indicato anche nelle grandi occasioni.Fonti storiche attestano che esso era già apprezzato dal cardinale Madruzzo durante il Concilio di Trento e in epoca austro-ungarica da Francesco Giuseppe, che amava gustarlo durante le battute di caccia. Proprio per soddisfare questa predilezione dell’imperatore il Salmerino è stato immesso in molti laghi alpini.
L’OLIO DEL GARDA.
Gli oliveti che danno origine all’Olio Extravergine d’Oliva del Garda trentino sono formati da alberi antichi e si trovano sulle colline che circondano Riva del Garda, Arco, Nago, Torbole, Tenno e Dro. Le olive vengono raccolte a mano e consegnate al nostro frantoio. L’estrazione dell’olio avviene a temperatura controllata (30 gradi) e solo con mezzi meccanici in modo da conservare intatta la qualità. Il colore è dorato e limpido, con riflessi tendenti al verde. In bocca è delicatamente fruttato e piccante con aromi di mandorla e fieno. L’armonia è dovuta ad un perfetto equilibrio delle sensazioni prodotte alla vista, al tatto, all’olfatto e al palato. L’olio extravergine d’oliva del garda trentino è alla base di un modello di alimentazione che ha dimostrato di essere un valido strumento di prevenzione contro le malattie cardio-vascolari.
LA FARINA.
Nella Valle del Chiese si coltiva il “Nostrano di Storo”, particolare varietà di mais da cui si ricava la farina gialla di Storo, ingrediente principe per la vera polenta di montagna. Colore rosso corallo dei chicchi, forma allungata delle pannocchie e granella lucida come il vetro, sono le sue caratteristiche. La polenta, tradizionalmente prodotto umilissimo, oggi è tra i protagonisti della buona tavola trentina. Gustata per lo più in compagnia di pietanze in umido, può essere cucinata in vari modi. Particolare è la “Carbonera”, una polenta particolarmente saporita preparata con il formaggio locale, la Spressa delle Giudicarie, del burro di malga e della Lucanica trentina.
IL PANE.
L’arte della panificazione, attività che esiste da millenni, è radicata sul nostro territorio a tal punto da essere parte integrante della cultura locale e della tradizione popolare. Il pane, l’alimento principe nell’immaginario collettivo, è un prodotto ricco di sapori e di profumi fortemente radicati nella memoria di ognuno.
Questo alimento si è continuamente modificato, adattandosi alle usanze ed ai luoghi in cui veniva prodotto e consumato. Nella nostra provincia le regole, che riguardano la produzione del pane, sono raccolte negli antichi statuti di Trento che risalgono fino all’anno 1183. I fornai trentini venivano chiamati pistori.
Oggi le tecniche e gli strumenti di lavorazione si sono sviluppati, però il pane fresco trentino non ha mai smesso di essere frutto del lavoro manuale. Con mani esperte, immancabilmente infarinate e tocchi sapienti, i panificatori trentini preparano le tante forme stivate nei cassettoni dei negozi.
Sono loro a dosare gli ingredienti per caratterizzare il sapore, la consistenza, la croccantezza delle molte tipologie del pane fresco. Sono loro ad imprimere nel pane, pezzo per pezzo, quelle sfumature e quei particolari che possono solo derivare da una lavorazione tradizionale. Il lavoro dei fornai è insostituibile e oggi come ieri essi continuano a ripetere quotidianamente quello che nell’immaginario collettivo viene vissuto quasi come un rito, la preparazione del pane, migliorandone le caratteristiche per renderlo sempre più rispondente alle esigenze ed alle attese della collettività.
fonte: La Cucina di Susana
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