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La scienza della vita, la prospettiva ecologica e la vita definita in termini di DNA.

La relazione fra semplicitĆ  interna e semplicitĆ  ecologica ĆØ tutt’oggi scarsamente compresa; ciĆ² ĆØ dovuto, almeno parzialmente, al fatto che la maggior parte dei biologi non conoscono la prospettiva ecologica. Come spiega Morowitz:

Il mantenimento della vita ĆØ qualcosa che riguarda piĆ¹ un sistema ecologico che non un singolo organismo o una singola specie.

La biologia tradizionale, invece, tendeva a concentrarsi piĆ¹ sui singoli organismi che non sul continuum biologico; e, in questo modo, ricercava l’origine della vita come se si fosse trattato di un singolo evento, nel quale un organismo fosse emerso dall’ambiente circostante.
Il mantenimento della vita ĆØ qualcosa che riguarda piĆ¹ un sistema ecologico che non un singolo organismo o una singola specie.

La scienza della vita.


Al contrario, una prospettiva piĆ¹ bilanciata sotto il profilo ecologico esaminerebbe i cicli proto-ecologici e i rispettivi sistemi chimici che ĆØ necessario si siano sviluppati e arricchiti mentre i primi oggetti simili a organismi facevano la loro comparsa.



Nessun organismo puĆ² vivere in una situazione di completo isolamento. Per i loro fabbisogni energetici, gli animali dipendono dalla fotosintesi delle piante, e queste - a loro volta - dipendono dall’anidride carbonica prodotta dagli animali (cosƬ come dall’azoto che i batteri fissano alle loro radici); e, nel loro insieme, piante, animali e microrganismi regolano l’intera biosfera e mantengono quelle condizioni che rendono possibile la vita.

La prospettiva ecologica.


Stando alla teoria di Gaia, elaborata da James Lovelock e Lynn Margulis, l’evoluzione dei primi organismi viventi procedette di pari passo con la trasformazione della superficie planetaria da un ambiente inorganico a una biosfera in grado di autoregolarsi: «In tal senso» scrive Harold Morowitz «la vita ĆØ una proprietĆ  che andrebbe attribuita ai pianeti piĆ¹ che non ai singoli individui».


La vita definita in termini di DNA.


Ritorniamo ora alla domanda «Che cos’ĆØ la vita?», e chiediamoci: come funziona una cellula batterica? Quali sono le sue caratteristiche essenziali? Quando osserviamo una cellula al microscopio elettronico possiamo notare che, nei suoi processi metabolici, entrano in opera delle particolari macromolecole (molecole molto grandi, che consistono di lunghe catene formate da centinaia di atomi). Nelle cellule troviamo due tipi di queste macromolecole: le proteine e gli acidi nucleici (dna e rna).

Nelle cellule batteriche ci sono essenzialmente due tipi di proteine: gli enzimi, che agiscono come catalizzatori nei vari processi metabolici, e le proteine strutturali, che sono parte della struttura delle cellule stesse. Negli organismi piĆ¹ evoluti troviamo anche molti altri tipi di proteine con proprie funzioni specializzate, come gli anticorpi del sistema immunitario o gli ormoni.

La scienza della vita, la prospettiva ecologica e la vita definita in termini di DNA.Twitta

Dato che la maggior parte dei processi metabolici vengono catalizzati da enzimi, e gli enzimi sono
codificati dai geni, possiamo dire che i processi cellulari sono controllati a livello genetico - cosa, questa, che garantisce loro una grande stabilitĆ . Le molecole di rna, poi, svolgono la fĆ¹n-zione di messaggeri: esse, cioĆØ, trasportano dal dna le informazioni codificate per la sintesi degli enzimi e, in questo modo, stabiliscono il collegamento critico tra le strutture genetiche e quelle metaboliche della cellula.

Il DNA ĆØ inoltre responsabile del processo di autoreplica-zione cellulare. 


Si tratta di una caratteristica di cruciale importanza per la vita: senza di essa, infatti, qualunque struttura organica fosse venuta a formarsi avrebbe poi finito per corrompersi fino a sparire, e la vita non avrebbe mai potuto evolversi. Considerando questa straordinaria importanza rivestita dal dna, potremmo addirittura concludere che esso ĆØ la singola caratteristica strutturale della vita. Potremmo cioĆØ semplicemente dire: «I sistemi viventi sono sistemi chimici che contengono dna».

C’ĆØ perĆ² un problema in questa definizione, problema che nasce dal fatto che anche le cellule morte contengono dna. In effetti, le molecole di dna possono conservarsi per centinaia - se non anche migliaia - di anni dopo la morte dell’organismo: un esempio particolarmente eclatante si ĆØ avuto pochi anni fa, quando degli scienziati tedeschi sono riusciti a identificare la precisa sequenza genetica nel dna estratto da un teschio di un uomo di Neanderthal - ossia da ossa morte da oltre centomila anni!10 La semplice presenza del dna, pertanto, non ĆØ ancora sufficiente per definire la vita. Alla fin fine, dovremmo modificare la nostra definizione e dire: «I sistemi viventi sono sistemi chimici che contengono dna, e che non sono morti».
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Ma, dicendo questo, non faremmo altro che affermare che «un sistema vivente ĆØ un sistema che ĆØ vivo» — ossia, niente di piĆ¹ di una mera tautologia.

Le strutture molecolari delle cellule.


Queste brevi considerazioni ci mostrano come le strutture molecolari delle cellule non siano sufficienti a fondare una definizione della vita. Dobbiamo quindi descrivere anche i processi metabolici che avvengono nella cellula: dobbiamo - in altri termini - analizzare i vari modelli di relazione fra le macromolecole.

Nel far questo, piuttosto che concentrarci sulle singole parti della cellula, porremo la nostra attenzione sulla cellula stessa intesa come una totalitĆ .

Secondo il biochimico Pier Luigi Luisi, specializzato nella ricerca sull’evoluzione molecolare e l’origine della vita, questi due diversi approcci — quello incentrato sul dna e quello incentrato sulla cellula - rappresentano le due principali correnti filosofiche e sperimentali nell’odierna scienza della vita.
L'evoluzione molecolare e l’origine della vita rappresentano le due principali correnti filosofiche e sperimentali nell’odierna scienza della vita.


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