Bergamotto.
L’origine del Bergamotto è incerta ed alcuni ritengono che derivi dalla mutazione di altra specie agrumaria. La leggenda vorrebbe far derivare il bergamotto dalle Isole Canarie nella città di Berga (Spagna), dove sarebbe stato importato da Cristoforo Colombo intorno alla fine del Quattrocento. Secondo Guido Rovesti,
l’etimologia più attendibile della parola bergamotto è fornita da Sicur Barbe nel libro Le parfumeur francais” pubblicato nel 1693; egli fa derivare il nome bergamotto dalla somiglianza del frutto con la pera bergamotta, vocabolo derivato dal turco -Beg-armudu “la principessa delle pere”. Nicola Parisi ha il merito, intorno al 1750, di aver impiantato a Reggio Calabria, presso il fondo denominato “Giunchi”, il primo bergamotteto; ne fece seguito una rapida estensione della coltivazione. Anche se alcuni botanici hanno considerato il bergamotto un “ibrido” derivato dalla limetta dolce e dal limone, con i quali ha alcuni caratteri in comune, oggi prevale la convizione che trattasi di una specie a sé, forse frutto di un innesto casuale, definita dai botanici col nome di Citrus Bergamia, Risso, appartenente alla famiglia delle Rutacee, genere Citrus.
La pianta di bergamotto non supera i quattro metri di altezza; ha rami irregolari e foglie di colore verde scuro, alterne, oblunghe, prive di peluria e ricche di ghiandole contenenti olio essenziale. Tondeggianti, qualche volta sferici, con buccia liscia e spessa che va dal verde al giallo con il progredire della maturazione, con un peso che va dagli 80 ai 200 grammi, i frutti del bergamotto sono costituiti:
• da una parte esterna, ricca di otricoli contenenti l’olio essenziale e di pigmenti, colorati dal verde al giallo, detta epicarpo o flavedo. L’epicarpo è ricoperto all’esterno da una cuticola sottile contenente gli stomi;
• Da una parte sottostante, costituita da un tessuto bianco e spugnoso composto per il 20% da sostanze pectiche, denominata mesocarpo o albedo;
• Da una parte interna detta endocarpo o polpa, che rappresenta il 65/70% del frutto. L’endocarpo contiene segmenti o spicchi, distribuiti intorno ad asse centrale detto medula di composizione spugnosa come l’albedo. Gli spicchi sono avvolti da una leggera cuticola e contengono al loro interno vescichette con il succo. I semi, infine, sono situati in prossimità dell’asse centrale.
Il Bergamotto comincia a fiorire nel corso degli ultimi giorni di marzo e per tutto aprile. Il fiore delle esperidee, viene generalmente chiamato con il nome di zagara: dalla voce siciliana dell’arabo zagara, “fiore”; per questo il fiore del bergamotto distingue Reggio Calabria come “città della zagara”, oltre che, fin dall’antichità, come “città della Fata Morgana”.
• Da una parte sottostante, costituita da un tessuto bianco e spugnoso composto per il 20% da sostanze pectiche, denominata mesocarpo o albedo;
• Da una parte interna detta endocarpo o polpa, che rappresenta il 65/70% del frutto. L’endocarpo contiene segmenti o spicchi, distribuiti intorno ad asse centrale detto medula di composizione spugnosa come l’albedo. Gli spicchi sono avvolti da una leggera cuticola e contengono al loro interno vescichette con il succo. I semi, infine, sono situati in prossimità dell’asse centrale.
Il Bergamotto comincia a fiorire nel corso degli ultimi giorni di marzo e per tutto aprile. Il fiore delle esperidee, viene generalmente chiamato con il nome di zagara: dalla voce siciliana dell’arabo zagara, “fiore”; per questo il fiore del bergamotto distingue Reggio Calabria come “città della zagara”, oltre che, fin dall’antichità, come “città della Fata Morgana”.
CONSISTENZA DELLE COLTURE – CLIMA – TERRENO
Benché numerosi tentativi siano stati effettuati in diverse aree agrumarie del mondo (dagli Stati Uniti d’America in Florida e California, all’Africa del Nord, al Sud America, alla Costa d’Avorio) per ottenere l’acclimatazione di questa pianta, in definitiva, ancor oggi si può affermare che la quasi totalità della produzione mondiale si trova concentrata in Calabria, in particolare nella provincia di Reggio, in quella ridotta striscia di terra che, lungo la costa e per una profondità di circa cinque chilometri, si apre all’ingresso dello Stretto di Messina (versi Scilla con le propaggini fino a Rosarno) e si estende fino a Roccella Jonica, compressa tra le propaggini estreme dell’Aspromonte e i mari Jonio e Tirreno, in provincia di Reggio Calabria. I bergamotteti più rigogliosi sono situati lungo le fiumare e i valloni, in terreni a base silicea, ma vicini al calcareo argilloso. La pianta di bergamotteto predilige l’esposizione a sud, risente molto degli sbalzi termici, in modo particolare delle nebbie di primavera, tipiche del litorale calabrese, che i contadini chiamano lupe di mare e a cui si deve la caduta dei frutti immaturi di bergamotto, comunemente chiamati bergamottella. La superficie coltivata a bergamotto si è oggi ridotta al di sotto di 1500 ettari; negli anni Trenta era di 2400 ettari. Il numero delle imprese produttrici è di circa 1500. Nella provincia di Reggio Calabria operano 45 industrie di trasformazione. I dati forniti dal Consorzio del bergamotto, per l’annata 1995-96 indicano in 16.000 tonnellate i frutti di bergamotto avviati alla trasformazione con una resa in essenza pari a 8.120 tonnellate. Da una recente indagine si valuta che gli occupati nella bergamotticoltura e attività connesse sono circa 3.000, per un totale di 280.000 giornate lavorative.
Benché numerosi tentativi siano stati effettuati in diverse aree agrumarie del mondo (dagli Stati Uniti d’America in Florida e California, all’Africa del Nord, al Sud America, alla Costa d’Avorio) per ottenere l’acclimatazione di questa pianta, in definitiva, ancor oggi si può affermare che la quasi totalità della produzione mondiale si trova concentrata in Calabria, in particolare nella provincia di Reggio, in quella ridotta striscia di terra che, lungo la costa e per una profondità di circa cinque chilometri, si apre all’ingresso dello Stretto di Messina (versi Scilla con le propaggini fino a Rosarno) e si estende fino a Roccella Jonica, compressa tra le propaggini estreme dell’Aspromonte e i mari Jonio e Tirreno, in provincia di Reggio Calabria. I bergamotteti più rigogliosi sono situati lungo le fiumare e i valloni, in terreni a base silicea, ma vicini al calcareo argilloso. La pianta di bergamotteto predilige l’esposizione a sud, risente molto degli sbalzi termici, in modo particolare delle nebbie di primavera, tipiche del litorale calabrese, che i contadini chiamano lupe di mare e a cui si deve la caduta dei frutti immaturi di bergamotto, comunemente chiamati bergamottella. La superficie coltivata a bergamotto si è oggi ridotta al di sotto di 1500 ettari; negli anni Trenta era di 2400 ettari. Il numero delle imprese produttrici è di circa 1500. Nella provincia di Reggio Calabria operano 45 industrie di trasformazione. I dati forniti dal Consorzio del bergamotto, per l’annata 1995-96 indicano in 16.000 tonnellate i frutti di bergamotto avviati alla trasformazione con una resa in essenza pari a 8.120 tonnellate. Da una recente indagine si valuta che gli occupati nella bergamotticoltura e attività connesse sono circa 3.000, per un totale di 280.000 giornate lavorative.
RACCOLTA DEI FRUTTI
I frutti di bergamotto vengono raccolti, da ottobre a dicembre, quando la giusta turgidezza della buccia oppone una maggiore resistenza alla pressione agevolando la rottura degli otricoli e la fuoriuscita dell’essenza. Una volta la raccolta dei bergamotto si faceva in appositi panieri e sporte rivestiti di tela per non deteriorare il frutto, oggi in meno romantiche cassette di plastica.
I frutti di bergamotto vengono raccolti, da ottobre a dicembre, quando la giusta turgidezza della buccia oppone una maggiore resistenza alla pressione agevolando la rottura degli otricoli e la fuoriuscita dell’essenza. Una volta la raccolta dei bergamotto si faceva in appositi panieri e sporte rivestiti di tela per non deteriorare il frutto, oggi in meno romantiche cassette di plastica.
CARATTERI ORGANOLETTICI DELL’ESSENZA
L’essenza di bergamotto è un liquido, contenente a volte un deposito solido, di colore che va dal verde al giallo verdastro e odore fresco, gradevole, delicato che ricorda la buccia del frutto fresco. Utilizzazione dell’essenza: con i suoi 350 componenti chimici l’olio essenziale di bergamotto è indispensabile nell’industria profumiera internazionale avendo la funzione non solo di fissare il bouquet aromatico dei profumi, ma anche di aromatizzare le altre essenze contenute esaltando le note di freschezza e fragranza. Oltre che nella vasta gamma di acqua da toilette, profumi, deodoranti, ciprie, lozioni antiforfora, rinfrescanti contro la caduta dei capelli, saponi profumati ad alto potere disinfettante, prodotti antisolare, sali da bagno, dentifrici, l’essenza di bergamotto viene impiegata nell’industria farmaceutica per il suo potere antisettico e antibatterico, nella sepsi chirurgica, in odontoiatria, oftalmologia, ginecologia, dermatologia, tanto da essere inserita nelle farmacopee di diversi paesi. Il primo a rivelare le proprietà balsamiche del bergamotto fu un medico: Francesco Calabrò il quale osservò che le ferite alle mani degli addetti alla raccolta e alla lavorazione del bergamotto non andavano in suppurazione, anzi guarivano rapidamente. La pubblicazione degli studi di Calabrò (1804) diede il via alle ricerche su questo frutto già usato centocinquanta anni prima dalle popolazioni del litorale reggino per curare le febbri malariche. L’essenza è infine usata nell’industria alimentare e dolciaria locale come aromatizzante di liquori, thè, caramelle, canditi, gelati, torte, bibite, e nella liquoreria è molto apprezzato il delizioso bergamino. Per finire si ricorda il legno di bergamotto e le tabacchiere di bergamotto. Il legno di bergamotto semiduro e compatto nella trama, viene ancora lavorato dai contadini dell’area grecanica, che con paziente maestria costruiscono arcaici balocchi e oggetti di uso domestico. Le tabacchiere sono costruite utilizzando il frutto del bergamotto abilmente svuotato dall’endocarpo e lasciato asciugare all’ombra fino a quando, più plasmabile, viene riversato e sagomato nella forma voluta. Le tabacchiere, conservanti il caratteristico profumo, si prestano ad essere artisticamente decorate e utilizzate per il tabacco da pipa e da fiuto e per altre specialità farmaceutiche e dolciarie all’aroma di bergamotto.
L’essenza di bergamotto è un liquido, contenente a volte un deposito solido, di colore che va dal verde al giallo verdastro e odore fresco, gradevole, delicato che ricorda la buccia del frutto fresco. Utilizzazione dell’essenza: con i suoi 350 componenti chimici l’olio essenziale di bergamotto è indispensabile nell’industria profumiera internazionale avendo la funzione non solo di fissare il bouquet aromatico dei profumi, ma anche di aromatizzare le altre essenze contenute esaltando le note di freschezza e fragranza. Oltre che nella vasta gamma di acqua da toilette, profumi, deodoranti, ciprie, lozioni antiforfora, rinfrescanti contro la caduta dei capelli, saponi profumati ad alto potere disinfettante, prodotti antisolare, sali da bagno, dentifrici, l’essenza di bergamotto viene impiegata nell’industria farmaceutica per il suo potere antisettico e antibatterico, nella sepsi chirurgica, in odontoiatria, oftalmologia, ginecologia, dermatologia, tanto da essere inserita nelle farmacopee di diversi paesi. Il primo a rivelare le proprietà balsamiche del bergamotto fu un medico: Francesco Calabrò il quale osservò che le ferite alle mani degli addetti alla raccolta e alla lavorazione del bergamotto non andavano in suppurazione, anzi guarivano rapidamente. La pubblicazione degli studi di Calabrò (1804) diede il via alle ricerche su questo frutto già usato centocinquanta anni prima dalle popolazioni del litorale reggino per curare le febbri malariche. L’essenza è infine usata nell’industria alimentare e dolciaria locale come aromatizzante di liquori, thè, caramelle, canditi, gelati, torte, bibite, e nella liquoreria è molto apprezzato il delizioso bergamino. Per finire si ricorda il legno di bergamotto e le tabacchiere di bergamotto. Il legno di bergamotto semiduro e compatto nella trama, viene ancora lavorato dai contadini dell’area grecanica, che con paziente maestria costruiscono arcaici balocchi e oggetti di uso domestico. Le tabacchiere sono costruite utilizzando il frutto del bergamotto abilmente svuotato dall’endocarpo e lasciato asciugare all’ombra fino a quando, più plasmabile, viene riversato e sagomato nella forma voluta. Le tabacchiere, conservanti il caratteristico profumo, si prestano ad essere artisticamente decorate e utilizzate per il tabacco da pipa e da fiuto e per altre specialità farmaceutiche e dolciarie all’aroma di bergamotto.
SISTEMI TRADIZIONALI DI ESTRAZIONE DELL’ESSENZA
La superficie oggi coltivata a bergamotto è di circa 1500 Ha, con una produzione media di 100.000 Kg. di essenza. Per ottenere un Kg di essenza occorrono 200 Kg di frutti. Gli addetti del settore sono stimati in 4.00 unità. Nel processo manuale il frutto viene tagliato in due parti e cavato abilmente, mediante un particolare e affilatissimo coltello a cucchiaio detto rastrello. La scorza così separata della polpa viene sfumata. La sfumatura consiste nello strizzare abilmente le calotte del frutto, private della polpa, contro una grossa spugna naturale che ne accoglie l’essenza che sprizza dagli otricoli essenziferi. La spugna, impregnata di essenza, si spreme a sua volta dentro un recipiente di terracotta smaltata detto con colina al quale la stessa è assicurata, durante tutta l’operazione mediante una traversa appoggiata ai bordi superiori. Per semplice decantazione, infine l’essenza viene separata dagli altri liquidi e dai detriti che si producono nella lacerazione dei tessuti.
La superficie oggi coltivata a bergamotto è di circa 1500 Ha, con una produzione media di 100.000 Kg. di essenza. Per ottenere un Kg di essenza occorrono 200 Kg di frutti. Gli addetti del settore sono stimati in 4.00 unità. Nel processo manuale il frutto viene tagliato in due parti e cavato abilmente, mediante un particolare e affilatissimo coltello a cucchiaio detto rastrello. La scorza così separata della polpa viene sfumata. La sfumatura consiste nello strizzare abilmente le calotte del frutto, private della polpa, contro una grossa spugna naturale che ne accoglie l’essenza che sprizza dagli otricoli essenziferi. La spugna, impregnata di essenza, si spreme a sua volta dentro un recipiente di terracotta smaltata detto con colina al quale la stessa è assicurata, durante tutta l’operazione mediante una traversa appoggiata ai bordi superiori. Per semplice decantazione, infine l’essenza viene separata dagli altri liquidi e dai detriti che si producono nella lacerazione dei tessuti.
L’alto costo della manodopera e l’aumento della produzione, sconsigliarono il sistema manuale a favore del metodo di estrazione a macchina. Sotto il governo dei Borboni, venne bandito un apposito concorso, del quale risultò vincitore il reggino Nicola Barilla nel 1844 con la Macchina per l’estrazione dell’essenza di bergamotto, perfezionata in seguito da Luigi Autieri migliorandone le capacità lavorative. Questa macchina, detta comunemente calabrese, consta essenzialmente di due scodelle o coppe di ghisa del diametro di circa 30 cm, tra le quali i frutti, preliminarmente sottoposti a calibratura e che costituiscono la paria, vengono compressi e raschiati, lasciando così sprizzare l’essenza che scola insieme ai detriti della buccia ed all’acqua di vegetazione, attraverso una finestra praticata nella coppa inferiore, in un bavano di rame o di argilla. Al termine della giornata lavorativa gli operai tolgono dalla macchina estrattiva il bavano contenente essenza e detriti. Per decantazione l’essenza viene separata dagli altri liquidi e dai detriti prodotti dalla lacerazione dei rifiuti. I detriti si introducono in sacchetti di lana detti saccotti sorretti da cavalletti che sono infine sottoposto a distillazione in appositi alambicchi per ottenere il distillato di bergamotto. Tra gli anni ’60 e ’80 due fattori hanno un po’ penalizzato la coltivazione del bergamotto: da una parte la drastica riduzione delle aree coltivate, dall’altra l’illusione di alcuni industriali profumieri di poter sostituire l’essenza naturale con quella sintetica. La coltivazione del bergamotto, la produzione e commercializzazione della sua essenza hanno costituito per oltre 50 anni fino ai giorni nostri un raro momento d’imprenditoria agricola, di respiro internazionale della Calabria.
METODO MODERNO DI ESTRAZIONE DELL’ESSENZA
La scomparsa di manodopera specializzata, la necessità di limitare i costi di trasformazione e di evitare le perdite di essenza, hanno posto il problema dell’evoluzione della lavorazione del bergamotto dal piano artigianale verso forme e sistemi di organizzazione industriali; si è giunti così all’invenzione delle macchine pelatrici ad acqua. Le macchine pelatrici sono dotate di sistemi automatici per il carico e lo scarico dei frutti. Durante l’estrazione una pioggia d’acqua spruzzata dalla sommità della camera di lavorazione, porta i prodotti della pelatura al premi detriti e infine a centrifughe a dischi per la separazione immediata dell’essenza. L’essenza ottenuta, dopo essere stata sottoposta ad analisi chimica, viene conservata in appositi ramieroni e poi distribuita in fusti saldati ed etichettati. Dalle foglie e dai rami teneri del bergamotto si ottiene per distillazione in corrente di vapore un’essenza chiamata petit grain. Infine a seconda del grado di maturazione raggiunto, si ricavano: il nero di bergamotto, l’essenza di bergamottella e il distillato di bergamottella, dai fiori per distillazione, si produce una pregiatissima essenza chiamata Neroli.
IL CONSORZIO DEL BERGAMOTTO
La crisi di commercializzazione dell’essenza del bergamotto nei primi decenni del secolo, dovuta alla congiuntura internazionale, ma soprattutto all’insidia della produzione di essenza sintetica immessa sui mercati internazionali, determinò l’abbattimento di intere proprietà coltivate a bergamotto. I produttori fino a quel momento sostenitori della libera iniziativa, sganciata da ogni forma di regolamentazione del mercato dell’essenza, divennero in seguito sostenitori di interventi legislativi volti al controllo della produzione, alla difesa del mercato e della qualità dell’essenza. Risale al 1930 la legge istitutiva del Magazzino generale per il deposito dell’essenza di bergamotto, che sanciva l’obbligo di accompagnare l’essenza destinata alla esportazione con un certificato di analisi che ne garantisse la purezza, rilasciato dalla regia Stazione sperimentale di Reggio Calabria. Nel 1931 nasce il Consorzio di produttori di bergamotto, finché con D.M. del 29/5/1946 vede la luce il Consorzio del bergamotto con sede a Reggio Calabria, regolato oggi dalla Legge regionale n. 7 del 5/2/1977 che ha tra gli scopi principali quello di:
• Gestire l’ammasso dell’essenza
• Elaborare piani di sviluppo delle aziende produttrici
• Varare iniziative tecnico-scientifiche per il miglioramento delle coltivazione
• Promuovere l’associazionismo fra i produttori e la ricerca per il miglioramento dei processi tecnologici di lavorazione del bergamotto
• Curare la collocazione del prodotto sul mercato, garantendo ai consumatori nazionali e stranieri la genuinità del prodotto.
La crisi di commercializzazione dell’essenza del bergamotto nei primi decenni del secolo, dovuta alla congiuntura internazionale, ma soprattutto all’insidia della produzione di essenza sintetica immessa sui mercati internazionali, determinò l’abbattimento di intere proprietà coltivate a bergamotto. I produttori fino a quel momento sostenitori della libera iniziativa, sganciata da ogni forma di regolamentazione del mercato dell’essenza, divennero in seguito sostenitori di interventi legislativi volti al controllo della produzione, alla difesa del mercato e della qualità dell’essenza. Risale al 1930 la legge istitutiva del Magazzino generale per il deposito dell’essenza di bergamotto, che sanciva l’obbligo di accompagnare l’essenza destinata alla esportazione con un certificato di analisi che ne garantisse la purezza, rilasciato dalla regia Stazione sperimentale di Reggio Calabria. Nel 1931 nasce il Consorzio di produttori di bergamotto, finché con D.M. del 29/5/1946 vede la luce il Consorzio del bergamotto con sede a Reggio Calabria, regolato oggi dalla Legge regionale n. 7 del 5/2/1977 che ha tra gli scopi principali quello di:
• Gestire l’ammasso dell’essenza
• Elaborare piani di sviluppo delle aziende produttrici
• Varare iniziative tecnico-scientifiche per il miglioramento delle coltivazione
• Promuovere l’associazionismo fra i produttori e la ricerca per il miglioramento dei processi tecnologici di lavorazione del bergamotto
• Curare la collocazione del prodotto sul mercato, garantendo ai consumatori nazionali e stranieri la genuinità del prodotto.
Cedro
Il cedro (Citrus medica) è una specie appartenente al genere Citrus, nella famiglia delle rutacee. È ritenuta una delle tre specie di agrumi da cui derivano tutti i membri del genere oggi conosciuti, assieme al pomelo ed al mandarino. Il nome cedro, derivato dalla volgarizzazione dal latino citrus, è però ambiguo, in quanto coincide con la traduzione di cedrus, nome dato alla conifera (i famosi cedri del Libano che fornirono il legno per tante imbarcazioni nel mondo antico). Ecco perché in alcuni testi per l'agrume viene usato anche il termine citro.
Oggi in Italia il cedro è principalmente coltivato e lavorato in Calabria, nella fascia costiera dell'alto Tirreno cosentino che va da Belvedere Marittimo a Tortora, denominata Riviera dei Cedri con al centro Santa Maria del Cedro, dove questo agrume cresce spontaneo.
La pianta è un arbusto che può raggiungere i 4 metri di altezza. I rametti giovani sono rossastri o violetti, con foglie lunghe fino a 20 cm. I fiori crescono in gruppi da tre a dodici e sono molto profumati; i boccioli sono rossastri, ma il fiore aperto è bianco. Il frutto è grande 20-30 cm, giallino, ovale o quasi rotondo, talvolta con una leggera protuberanza al peduncolo e un po' appuntito dalla parte opposta. La buccia è molto ruvida ed eccezionalmente spessa. Costituisce fino al 70% del frutto, per cui – tolti pure i semi e la pellicola tra gli spicchi – solo un 25-30% del cedro è edibile. Va detto però che comunque questo frutto si consuma fresco assai di rado; la caratteristica peculiare del cedro è infatti quella di produrre frutti completamente dolci o completamente agri.
Il cedro viene impiegato nell'industria alimentare per la preparazione di bibite analcoliche e frutta candita, ma la maggior parte ne viene consumata nell'industria farmaceutica per la produzione di olio essenziale. L'essenza ricavata dal cedro è però facilmente deteriorabile, per cui solitamente si usa corretta con l'essenza di cedrina.
La cedrina (Citrus medica citrea gibocarpa) è una varietà usata esclusivamente per la produzione dell'essenza. Dato infatti che il cedro è scarsamente utilizzabile come frutto fresco, si è cercato di svilupparne delle varietà che potessero essere sfruttate industrialmente. Dalla cedrina si estrae un olio essenziale con forte odore di cedro; consistente perlopiù di limonina, citrale ed altri terpeni. Mentre l'essenza originale del cedro facilmente si intorbidisce e lascia dei residui resinosi, l'essenza di cedrina rimane limpida. È dunque un eccellente sostituto, tanto che vari agronomi propendono per un totale abbandono delle coltivazioni del cedro a favore di quelle della cedrina.
Una menzione particolare va fatta del cedro giudaico o etrog (Citrus medica var. ethrog) che viene usata dai credenti ebrei nella Festività dei Tabernacoli. È una varietà coltivata in Grecia, Etiopia e soprattutto in Israele ma anche in Calabria nella Riviera dei cedri. A differenza di tutti gli altri agrumi, possiede un'albedo (la parte bianca della buccia) commestibile ed anzi molto succosa. Gli steroli contenuti nell'albedo sono un ottimo rimedio contro il colesterolo. Il frutto intero viene impiegato per la produzione di bibite analcoliche.
Il cedro è tra gli agrumi la specie col maggior numero di varietà; la maggiore in Italia è quella coltivata in Calabria, denominata cedro liscio di Diamante (di grosso taglio e profumata, destinata in gran parte alla canditura);
La pianta di bergamotto non supera i quattro metri di altezza; ha rami irregolari e foglie di colore verde scuro, alterne, oblunghe, prive di peluria e ricche di ghiandole contenenti olio essenziale. Tondeggianti, qualche volta sferici, con buccia liscia e spessa che va dal verde al giallo con il progredire della maturazione, con un peso che va dagli 80 ai 200 grammi, i frutti del bergamotto sono costituiti:Il cedro (Citrus medica) è una specie appartenente al genere Citrus, nella famiglia delle rutacee. È ritenuta una delle tre specie di agrumi da cui derivano tutti i membri del genere oggi conosciuti, assieme al pomelo ed al mandarino. Il nome cedro, derivato dalla volgarizzazione dal latino citrus, è però ambiguo, in quanto coincide con la traduzione di cedrus, nome dato alla conifera (i famosi cedri del Libano che fornirono il legno per tante imbarcazioni nel mondo antico). Ecco perché in alcuni testi per l'agrume viene usato anche il termine citro.
Oggi in Italia il cedro è principalmente coltivato e lavorato in Calabria, nella fascia costiera dell'alto Tirreno cosentino che va da Belvedere Marittimo a Tortora, denominata Riviera dei Cedri con al centro Santa Maria del Cedro, dove questo agrume cresce spontaneo.
La pianta è un arbusto che può raggiungere i 4 metri di altezza. I rametti giovani sono rossastri o violetti, con foglie lunghe fino a 20 cm. I fiori crescono in gruppi da tre a dodici e sono molto profumati; i boccioli sono rossastri, ma il fiore aperto è bianco. Il frutto è grande 20-30 cm, giallino, ovale o quasi rotondo, talvolta con una leggera protuberanza al peduncolo e un po' appuntito dalla parte opposta. La buccia è molto ruvida ed eccezionalmente spessa. Costituisce fino al 70% del frutto, per cui – tolti pure i semi e la pellicola tra gli spicchi – solo un 25-30% del cedro è edibile. Va detto però che comunque questo frutto si consuma fresco assai di rado; la caratteristica peculiare del cedro è infatti quella di produrre frutti completamente dolci o completamente agri.
Il cedro viene impiegato nell'industria alimentare per la preparazione di bibite analcoliche e frutta candita, ma la maggior parte ne viene consumata nell'industria farmaceutica per la produzione di olio essenziale. L'essenza ricavata dal cedro è però facilmente deteriorabile, per cui solitamente si usa corretta con l'essenza di cedrina.
La cedrina (Citrus medica citrea gibocarpa) è una varietà usata esclusivamente per la produzione dell'essenza. Dato infatti che il cedro è scarsamente utilizzabile come frutto fresco, si è cercato di svilupparne delle varietà che potessero essere sfruttate industrialmente. Dalla cedrina si estrae un olio essenziale con forte odore di cedro; consistente perlopiù di limonina, citrale ed altri terpeni. Mentre l'essenza originale del cedro facilmente si intorbidisce e lascia dei residui resinosi, l'essenza di cedrina rimane limpida. È dunque un eccellente sostituto, tanto che vari agronomi propendono per un totale abbandono delle coltivazioni del cedro a favore di quelle della cedrina.
Una menzione particolare va fatta del cedro giudaico o etrog (Citrus medica var. ethrog) che viene usata dai credenti ebrei nella Festività dei Tabernacoli. È una varietà coltivata in Grecia, Etiopia e soprattutto in Israele ma anche in Calabria nella Riviera dei cedri. A differenza di tutti gli altri agrumi, possiede un'albedo (la parte bianca della buccia) commestibile ed anzi molto succosa. Gli steroli contenuti nell'albedo sono un ottimo rimedio contro il colesterolo. Il frutto intero viene impiegato per la produzione di bibite analcoliche.
Il cedro è tra gli agrumi la specie col maggior numero di varietà; la maggiore in Italia è quella coltivata in Calabria, denominata cedro liscio di Diamante (di grosso taglio e profumata, destinata in gran parte alla canditura);
• da una parte esterna, ricca di otricoli contenenti l’olio essenziale e di pigmenti, colorati dal verde al giallo, detta epicarpo o flavedo. L’epicarpo è ricoperto all’esterno da una cuticola sottile contenente gli stomi;
• Da una parte sottostante, costituita da un tessuto bianco e spugnoso composto per il 20% da sostanze pectiche, denominata mesocarpo o albedo;
• Da una parte interna detta endocarpo o polpa, che rappresenta il 65/70% del frutto. L’endocarpo contiene segmenti o spicchi, distribuiti intorno ad asse centrale detto medula di composizione spugnosa come l’albedo. Gli spicchi sono avvolti da una leggera cuticola e contengono al loro interno vescichette con il succo. I semi, infine, sono situati in prossimità dell’asse centrale.
Il Bergamotto comincia a fiorire nel corso degli ultimi giorni di marzo e per tutto aprile. Il fiore delle esperidee, viene generalmente chiamato con il nome di zagara: dalla voce siciliana dell’arabo zagara, “fiore”; per questo il fiore del bergamotto distingue Reggio Calabria come “città della zagara”, oltre che, fin dall’antichità, come “città della Fata Morgana”.
CONSISTENZA DELLE COLTURE – CLIMA – TERRENO
Benché numerosi tentativi siano stati effettuati in diverse aree agrumarie del mondo (dagli Stati Uniti d’America in Florida e California, all’Africa del Nord, al Sud America, alla Costa d’Avorio) per ottenere l’acclimatazione di questa pianta, in definitiva, ancor oggi si può affermare che la quasi totalità della produzione mondiale si trova concentrata in Calabria, in particolare nella provincia di Reggio, in quella ridotta striscia di terra che, lungo la costa e per una profondità di circa cinque chilometri, si apre all’ingresso dello Stretto di Messina (versi Scilla con le propaggini fino a Rosarno) e si estende fino a Roccella Jonica, compressa tra le propaggini estreme dell’Aspromonte e i mari Jonio e Tirreno, in provincia di Reggio Calabria. I bergamotteti più rigogliosi sono situati lungo le fiumare e i valloni, in terreni a base silicea, ma vicini al calcareo argilloso. La pianta di bergamotteto predilige l’esposizione a sud, risente molto degli sbalzi termici, in modo particolare delle nebbie di primavera, tipiche del litorale calabrese, che i contadini chiamano lupe di mare e a cui si deve la caduta dei frutti immaturi di bergamotto, comunemente chiamati bergamottella. La superficie coltivata a bergamotto si è oggi ridotta al di sotto di 1500 ettari; negli anni Trenta era di 2400 ettari. Il numero delle imprese produttrici è di circa 1500. Nella provincia di Reggio Calabria operano 45 industrie di trasformazione. I dati forniti dal Consorzio del bergamotto, per l’annata 1995-96 indicano in 16.000 tonnellate i frutti di bergamotto avviati alla trasformazione con una resa in essenza pari a 8.120 tonnellate. Da una recente indagine si valuta che gli occupati nella bergamotticoltura e attività connesse sono circa 3.000, per un totale di 280.000 giornate lavorative.
RACCOLTA DEI FRUTTI.
I frutti di bergamotto vengono raccolti, da ottobre a dicembre, quando la giusta turgidezza della buccia oppone una maggiore resistenza alla pressione agevolando la rottura degli otricoli e la fuoriuscita dell’essenza. Una volta la raccolta dei bergamotto si faceva in appositi panieri e sporte rivestiti di tela per non deteriorare il frutto, oggi in meno romantiche cassette di plastica.
CARATTERI ORGANOLETTICI DELL’ESSENZA.
L’essenza di bergamotto è un liquido, contenente a volte un deposito solido, di colore che va dal verde al giallo verdastro e odore fresco, gradevole, delicato che ricorda la buccia del frutto fresco. Utilizzazione dell’essenza: con i suoi 350 componenti chimici l’olio essenziale di bergamotto è indispensabile nell’industria profumiera internazionale avendo la funzione non solo di fissare il bouquet aromatico dei profumi, ma anche di aromatizzare le altre essenze contenute esaltando le note di freschezza e fragranza.agrumi calabria Oltre che nella vasta gamma di acqua da toilette, profumi, deodoranti, ciprie, lozioni antiforfora, rinfrescanti contro la caduta dei capelli, saponi profumati ad alto potere disinfettante, prodotti antisolare, sali da bagno, dentifrici, l’essenza di bergamotto viene impiegata nell’industria farmaceutica per il suo potere antisettico e antibatterico, nella sepsi chirurgica, in odontoiatria, oftalmologia, ginecologia, dermatologia, tanto da essere inserita nelle farmacopee di diversi paesi. Il primo a rivelare le proprietà balsamiche del bergamotto fu un medico: Francesco Calabrò il quale osservò che le ferite alle mani degli addetti alla raccolta e alla lavorazione del bergamotto non andavano in suppurazione, anzi guarivano rapidamente. La pubblicazione degli studi di Calabrò (1804) diede il via alle ricerche su questo frutto già usato centocinquanta anni prima dalle popolazioni del litorale reggino per curare le febbri malariche. L’essenza è infine usata nell’industria alimentare e dolciaria locale come aromatizzante di liquori, thè, caramelle, canditi, gelati, torte, bibite, e nella liquoreria è molto apprezzato il delizioso bergamino. Per finire si ricorda il legno di bergamotto e le tabacchiere di bergamotto. Il legno di bergamotto semiduro e compatto nella trama, viene ancora lavorato dai contadini dell’area grecanica, che con paziente maestria costruiscono arcaici balocchi e oggetti di uso domestico. Le tabacchiere sono costruite utilizzando il frutto del bergamotto abilmente svuotato dall’endocarpo e lasciato asciugare all’ombra fino a quando, più plasmabile, viene riversato e sagomato nella forma voluta. Le tabacchiere, conservanti il caratteristico profumo, si prestano ad essere artisticamente decorate e utilizzate per il tabacco da pipa e da fiuto e per altre specialità farmaceutiche e dolciarie all’aroma di bergamotto.
SISTEMI TRADIZIONALI DI ESTRAZIONE DELL’ESSENZA.
La superficie oggi coltivata a bergamotto è di circa 1500 Ha, con una produzione media di 100.000 Kg. di essenza. Per ottenere un Kg di essenza occorrono 200 Kg di frutti. Gli addetti del settore sono stimati in 4.00 unità. Nel processo manuale il frutto viene tagliato in due parti e cavato abilmente, mediante un particolare e affilatissimo coltello a cucchiaio detto rastrello. La scorza così separata della polpa viene sfumata. La sfumatura consiste nello strizzare abilmente le calotte del frutto, private della polpa, contro una grossa spugna naturale che ne accoglie l’essenza che sprizza dagli otricoli essenziferi. La spugna, impregnata di essenza, si spreme a sua volta dentro un recipiente di terracotta smaltata detto con colina al quale la stessa è assicurata, durante tutta l’operazione mediante una traversa appoggiata ai bordi superiori. Per semplice decantazione, infine l’essenza viene separata dagli altri liquidi e dai detriti che si producono nella lacerazione dei tessuti.
L’alto costo della manodopera e l’aumento della produzione, sconsigliarono il sistema manuale a favore del metodo di estrazione a macchina. Sotto il governo dei Borboni, venne bandito un apposito concorso, del quale risultò vincitore il reggino Nicola Barilla nel 1844 con la Macchina per l’estrazione dell’essenza di bergamotto, perfezionata in seguito da Luigi Autieri migliorandone le capacità lavorative. Questa macchina, detta comunemente calabrese, consta essenzialmente di due scodelle o coppe di ghisa del diametro di circa 30 cm, tra le quali i frutti, preliminarmente sottoposti a calibratura e che costituiscono la paria, vengono compressi e raschiati, lasciando così sprizzare l’essenza che scola insieme ai detriti della buccia ed all’acqua di vegetazione, attraverso una finestra praticata nella coppa inferiore, in un bavano di rame o di argilla. Al termine della giornata lavorativa gli operai tolgono dalla macchina estrattiva il bavano contenente essenza e detriti. Per decantazione l’essenza viene separata dagli altri liquidi e dai detriti prodotti dalla lacerazione dei rifiuti. I detriti si introducono in sacchetti di lana detti saccotti sorretti da cavalletti che sono infine sottoposto a distillazione in appositi alambicchi per ottenere il distillato di bergamotto. Tra gli anni ’60 e ’80 due fattori hanno un po’ penalizzato la coltivazione del bergamotto: da una parte la drastica riduzione delle aree coltivate, dall’altra l’illusione di alcuni industriali profumieri di poter sostituire l’essenza naturale con quella sintetica. La coltivazione del bergamotto, la produzione e commercializzazione della sua essenza hanno costituito per oltre 50 anni fino ai giorni nostri un raro momento d’imprenditoria agricola, di respiro internazionale della Calabria.
METODO MODERNO DI ESTRAZIONE DELL’ESSENZA.
La scomparsa di manodopera specializzata, la necessità di limitare i costi di trasformazione e di evitare le perdite di essenza, hanno posto il problema dell’evoluzione della lavorazione del bergamotto dal piano artigianale verso forme e sistemi di organizzazione industriali; si è giunti così all’invenzione delle macchine pelatrici ad acqua. Le macchine pelatrici sono dotate di sistemi automatici per il carico e lo scarico dei frutti. Durante l’estrazione una pioggia d’acqua spruzzata dalla sommità della camera di lavorazione, porta i prodotti della pelatura al premi detriti e infine a centrifughe a dischi per la separazione immediata dell’essenza. L’essenza ottenuta, dopo essere stata sottoposta ad analisi chimica, viene conservata in appositi ramieroni e poi distribuita in fusti saldati ed etichettati. Dalle foglie e dai rami teneri del bergamotto si ottiene per distillazione in corrente di vapore un’essenza chiamata petit grain. Infine a seconda del grado di maturazione raggiunto, si ricavano: il nero di bergamotto, l’essenza di bergamottella e il distillato di bergamottella, dai fiori per distillazione, si produce una pregiatissima essenza chiamata Neroli.
IL CONSORZIO DEL BERGAMOTTO.
La crisi di commercializzazione dell’essenza del bergamotto nei primi decenni del secolo, dovuta alla congiuntura internazionale, ma soprattutto all’insidia della produzione di essenza sintetica immessa sui mercati internazionali, determinò l’abbattimento di intere proprietà coltivate a bergamotto. I produttori fino a quel momento sostenitori della libera iniziativa, sganciata da ogni forma di regolamentazione del mercato dell’essenza, divennero in seguito sostenitori di interventi legislativi volti al controllo della produzione, alla difesa del mercato e della qualità dell’essenza. Risale al 1930 la legge istitutiva del Magazzino generale per il deposito dell’essenza di bergamotto, che sanciva l’obbligo di accompagnare l’essenza destinata alla esportazione con un certificato di analisi che ne garantisse la purezza, rilasciato dalla regia Stazione sperimentale di Reggio Calabria. Nel 1931 nasce il Consorzio di produttori di bergamotto, finché con D.M. del 29/5/1946 vede la luce il Consorzio del bergamotto con sede a Reggio Calabria, regolato oggi dalla Legge regionale n. 7 del 5/2/1977 che ha tra gli scopi principali quello di:
• Gestire l’ammasso dell’essenza
• Elaborare piani di sviluppo delle aziende produttrici
• Varare iniziative tecnico-scientifiche per il miglioramento delle coltivazione
• Promuovere l’associazionismo fra i produttori e la ricerca per il miglioramento dei processi tecnologici di lavorazione del bergamotto
• Curare la collocazione del prodotto sul mercato, garantendo ai consumatori nazionali e stranieri la genuinità del prodotto.
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