Il salice è albero volgare. Le cui fronde, seme, corteccia e liquore hanno virtù costrettiva. Le fronde trite, e bevute con un poco di vino e di pepe, vagliono à i dolori dei fianchi: e tolte sole con acqua non lasciar ingravidare le donne. Ristagna il seme, bevuto, lo sputo del sangue. Il che fa parimente la sua corteccia. La cui cenere macerata in aceto guarisce i porri e i calli, che s'impiastrano con essa ... ".
Così sentenzia - nella traduzione cinquecentesca di Pietro Andrea Mattioli - il celebre medico greco Dioscoride, vissuto nel I secolo dopo Cristo. Anzi, le virtù officinali del salice sono ben note da almeno 2.500 anni, dal momento che già Ippocrate, nel V secolo a.C., l'aveva raccomandato alle partorienti per alleviare i loro dolori.
Solo da pochi secoli, tuttavia, si è passati ad uno sfruttamento assai più preciso e sistematico di una pianta tanto bella quanto utile. Sappiamo infatti che frequentemente nell'antichità l'erboristeria ha solo "sfiorato" la conoscenza delle effettive virtù terapeutiche delle piante, limitandosi ad usare in decotti ed intrugli vari alcune loro parti (foglie, corteccia, semi, fiori e radici) più o meno così come la natura le presentava, senza cioè arrivare a cogliere l'essenza stessa delle potenzialità medicamentose della pianta, mettendo in luce i suoi "principi attivi".
Così sentenzia - nella traduzione cinquecentesca di Pietro Andrea Mattioli - il celebre medico greco Dioscoride, vissuto nel I secolo dopo Cristo. Anzi, le virtù officinali del salice sono ben note da almeno 2.500 anni, dal momento che già Ippocrate, nel V secolo a.C., l'aveva raccomandato alle partorienti per alleviare i loro dolori.
Solo da pochi secoli, tuttavia, si è passati ad uno sfruttamento assai più preciso e sistematico di una pianta tanto bella quanto utile. Sappiamo infatti che frequentemente nell'antichità l'erboristeria ha solo "sfiorato" la conoscenza delle effettive virtù terapeutiche delle piante, limitandosi ad usare in decotti ed intrugli vari alcune loro parti (foglie, corteccia, semi, fiori e radici) più o meno così come la natura le presentava, senza cioè arrivare a cogliere l'essenza stessa delle potenzialità medicamentose della pianta, mettendo in luce i suoi "principi attivi".