• Per che cosa è meglio conosciuta l’Italia all’estero? Senza dubbio per il buon cibo. Ma il vino italiano riceve la giusta considerazione? Non sempre. Quando si chiede quale sia il maggiore produttore europeo di vino il pensiero di molti turisti va subito alla Francia. Ma i numeri confermano questo primato? Si e no.
  • Nel 2011 la Francia ha prodotto 6,6 miliardi di bottiglie contro le 5,6 dell’Italia quindi un miliardo di più. Nel 2010 però l'Italia ha prodotto 6,4 miliardi di bottiglie, contro 5,9 della Francia.
  • I dati non ancora ufficiali del 2012 parlano di una produzione piuttosto allineata quantitativamente.

  • Questa alternanza dimostra che i due Paesi sono più o meno allo stesso livello. Non va poi sottovalutato il contributo della Spagna che mantiene una produzione media annua di circa 4,4 miliardi di bottiglie.
  • E in effetti l’Italia, pur producendo approssimativamente lo stesso numero di bottiglie dei cugini d’oltralpe e non essendo inferiore neppure per quanto concerne la qualità, parte da una situazione di svantaggio.

Statisticamente infatti all’estero è più facile trovare sugli scaffali un buon vino francese costoso. Questa differenza si deve anche ad una cultura del vino che in Francia vanta una storia molto antica e raffinata. Basti pensare che le classificazioni dei vini francesi furono introdotte già nel 1800. Pare che Napoleone bevesse solo Chambertin, che è un Grand Cru della Côte de Nuit, al Sud di Digione.
Detto questo ci sono molti buon intenditori all’estero che apprezzano i vini italiani. Anzi, in questo recente periodo di crisi, le vendite sono in molti casi più proficue fuori dall’Italia.
Secondo i dati Istat ogni anno l’esportazione di vini italiani crea un giro d’affari del valore di oltre 4,4 miliardi di euro per un volume di 24 milioni di ettolitri.
Tra i Paesi in cui la richiesta di vini italiani è più alta troviamo la Germania, il Regno Unito e gli Stati Uniti, ma prospettive interessanti sembrano aprirsi di recente anche sul mercato sudamericano (con il Brasile che deve all’Italia il 14% del vino consumato). In crescita anche l’esportazione di spumante, che tuttavia non è ancora concorrenziale rispetto al fratello francese più raffinato.

vignetti
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Atlante delle principali specie di funghi commestibili e velenosi, funghi simbionti, saprofiti e parassiti (piu' di 600 specie di funghi considerate).
Acetabula leucomelas (Pers.) Sacc.
Atlante dei funghi - Funghi commestibili e velenosi
Classe: Ascomiceti
Nome scientifico: Acetabula leucomelas (Pers.) Sacc.
Sinonimi: Paxina leucomelas (Pers.) Kuntze, Helvella leucomelaena (Pers.) Nannf.
Caratteristiche morfologiche:
Carpoforo: larghi 3-5 cm e alti altrettanto, semisferici, a margine diritto a maturità leggermente piegato all'esterno, a volte dentellato.
Imenio: bruno-nerastro; all'esterno biancastro con tendenza ad imbrunire
Gambo: corto con pliche che arrivano al ricettacolo.
Carne: sottile e fragile, senza odore e sapore particolari.
Spore: ellittiche, bianche.
acetabulaleucomelas Acetabula leucomelas (Pers.) Sacc.
Commestibilità, habitat e osservazioni.
Relazione con l'ambiente vegetale circostante:
Fungo saprofita. In genere nell'humus dei boschi di pino, in primavera.
Si trova in gruppi nei terreni umidi, nell'erba dei boschi cedui di latifoglie, da giugno a settembre.
Discreto commestibile.
Acetabula leucomelas 1
I funghi in cucina:


1.- I funghi in cucina: c'è chi li compra e chi li ricerca, l'importante è saperli cucinare.
Tagliatelle-prosciutto-e-fichi-La-cucina


2.- Crema di funghi al prezzemolo.
Crema di funghi al prezzemolo


3.- Salmerini ai funghi




4.- Tortino ai funghi misti.


tortino ai funghi misti


5.- Sapori dell’autunno in tavola: Minestra di Funghi e Grano Spezzato.



Minestra di funghi e grano zpezzato
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Classe: Basidiomiceti
Nome scientifico: Abortiporus biennis (Bull.: Fr.) Sing.
Sinonimi: Polyporus biennis Bull.
Caratteristiche morfologiche.
Cappello: 15-20 cm di diametro, da sessile a stipitato diviso in molti lobi, reniforme, semicircolare o irregolare, a volte zonato, vellutato, quasi spugnoso in superficie, biancastro con macchie color ocra-brunastro.
Pori: ineguali, lacerati, denticolati, labirintiformi, biancastri poi rosa giallastri.
Carne: coriacea, fibrosa, spugnosa nella parte superiore del cappello, da bianca a soffusa di rosa.
Spore: ellissoidi, bianche in massa, monoguttate.
abortiporus-biennis Abortiporus biennis (Bull.: Fr.) Sing. (foto www.jsimons.dsl.pipex.com)
Commestibilità, habitat e osservazioni .
Relazione con l'ambiente vegetale circostante: fungo parassita-saprofita.
Cresce nei boschi su residui legnosi o a terra vicino ai tronchi, estate-inizio autunno.
Abortiporus_biennis2
Non commestibile.
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Generalità.

Il Fico (Ficus carica L.) è un albero frutto originario dell'Asia occidentale, introdotto da tempo immemorabile nell'area mediterranea. In Italia è presente sia in forma specializzata che consociata, soprattutto in Puglia, Campania e Calabria.

Appartiene alla famiglia delle Moraceae, genere Ficus, specie: Ficus carica L. E' una pianta molto resistente alla siccità e vegeta nelle regioni della vite, dell'olivo e degli agrumi. Non resiste a -10°C; teme i ristagni idrici e ama i terreni freschi, profondi e ben dotati di sostanza organica.


La specie è presente in due forme botaniche che semplicisticamente possono essere definite come piante maschio e piante femmina, dato che la prima (pianta maschio, o caprifico) costituisce l'individuo che produce il polline con frutti non commestibili, mentre la seconda o fico vero (pianta femmina che produce frutti commestibili) produce i semi contenuti nei frutti.

Ficus_carica_Panascè

Il fico domestico è caratterizzato da un apparato radicale molto espanso e superficiale, tronco robusto, con corteccia liscia grigiastra, che può raggiungere gli 8 metri di altezza, rami deboli, con gemme terminali di forma appuntita portanti foglie tri-pentalobate, rugose. All'ascella di quelle poste all'apice del ramo sono inserite le gemme a fiore che, schiudendosi, danno origine a un'infiorescenza, detta siconio, formata da un ricettacolo carnoso, al cui interno sono inseriti solo fiori unisessuali, provvista di un foro, detto ostiolo, in posizione opposta rispetto all'inserzione del ramo. Il fico domestico presenta solo fiori femminili longistili e produce due tipi di frutti:

- fioroni o fichi primaticci: si formano in autunno, maturano nella tarda primavera dell'anno successivo e presentano fiori femminili sterili;
- fichi veri: si formano in primavera, maturano a fine estate dello stesso anno e portano fiori femminili fertili o sterili a seconda della varietà.
La formazione del frutto può avvenire sia per partenocarpia che mediante fecondazione; in quest'ultimo caso la fecondazione, detta "caprificazione", è assicurata dall'imenottero Blastophaga psenes.

Nel caprifico, invece, sono presenti sia fiori maschili che femminili e, a seconda del periodo, si possono formare:
- mamme (prodotti nel periodo invernale con solo fiori femminili abortiti;
- profichi (prodotti in primavera con fiori femminili abortiti e fiori maschili in prossimità dell'ostiolo);
- mammoni (presentano all'interno fiori femminili sterili e fertili oltre a quelli maschili).

Gli acheni, cioè i veri frutti, sono riuniti in un siconio carnoso. Il comune frutto edule è il siconio delle sole cultivar femminili. La forma è variabile, da sferico appiattita a piriforme-allungata. Il colore della buccia è bianco-verdastro e nero.

Foglie di Fico Varietà e portinnesti.

Il fico domestico si propaga sia per talea (utilizzando rami di 2-3 anni), sia tramite pollone radicato. Può essere innestato qualora si voglia cambiare varietà (innesto a gemma o a corona).

Le cultivar del caprifico sono qualche decina, mentre quelle del fico domestico sono diverse centinaia. Molte sono antichissime, coltivate localmente, e spesso poco note. Purtroppo sono assai comuni i casi di sinonimie ed omonimie. Le cultivar si classificano secondo:

- numero di fruttificazioni annue: unifere (hanno una sola produzione principale, di “forniti”); bifere (hanno una produzione precoce di "fioroni", oltre alla principale); trifere, molto poco diffuse (hanno una produzione precoce, quella principale ed una tardiva).
- suscettibilità alla caprificazione: unifere caprificabili (produzione di forniti mediante caprificazione); unifere e bifere non caprificabili (produzione di fioroni e forniti in assenza di caprificazione); bifere intermedie (caprificabili per i forniti e fioroni per via partenocarpica).
- epoca di maturazione: non variabile per i fioroni (metà giugno-luglio); per i forniti (fichi veri) si distinguono cultivar precoci (maturazione entro agosto) e tardive ( maturazione da settembre in poi).
- colore della buccia: fichi bianchi (colore da verde a giallo-verdastro); fichi neri o violetti (con buccia da marrone a rosso violetto o viola-nerastro).
- destinazione della produzione: per il consumo fresco (tutte le cultivar); per l’essiccazione (cultivar caratterizzate da maturazione precoce, con produzione di forniti bianchi, buccia integra, resistente ed elastica, polpa densa e zuccherina).

Le più rappresentative in Italia sono: diversi tipi di fico precoce (Columbri), Brogiotti (sia bianchi che neri), la diffusissima Dottato, oltre a Troiano, Fico Bianco del Cilento, Gentile, ecc. Particolarmente vocati all'essiccazione sono Dottato, Fico Bianco del Cilento, Farà e Taurisano.
In Francia si coltivano soprattutto Blanquette, Bourjassotte (bianco o nero), Dauphine, Col de Dame, ecc.

In Grecia la più diffusa è Smirne, molto adatta all’essicazione. In Portogallo tra gli altri Lampeira, Lampa Preta, Pingo de mel Princesa. In Spagna sono diffusi vari tipi di Blanca, Negra, Coll de Dama, Napolitana. Quest'ultima, insieme a Pajajero e Martinenca, è adatta all'essiccazione.

Frutti di Fico Tecnica colturale.

L'impianto, in genere, è effettuato a fine inverno ed è preceduto da apporto di sostanza organica e concimi fosfo-potassici.

Il sesto d'impianto varia da m 6x6 a m 10x10 in funzione della natura del terreno e della vigoria della pianta. Dopo l'impianto questa viene capitozzata ad 1 metro e lasciata crescere in forma libera.

La potatura, effettuata in inverno, deve mirare all'eliminazione dei rami mal disposti, secchi e malati, e di eventuali polloni. La concimazione può essere fatta ricorrendo al sovescio di leguminose. La pianta inizia a produrre intorno al 5° anno dall'impianto, raggiunge la massima produzione (40-60 kg di frutti) dai 30 ai 40 anni e poi, gradualmente, inizia ad avere una resa minore; può sopravvivere sino ai 60 anni e oltre.

Produzioni.

Periodo di raccolta: prima decade di giugno (Sud) - inizio di Agosto (Nord) per le cultivar precoci; fine luglio-fine settembre (Sud) od ottobre (Nord) per le cultivar principali “forniti”; novembre-aprile per le cultivar tardive “cimaruoli”.

Grande attenzione va posta nella individuazione del migliore periodo per la raccolta, data la scarsa serbevolezza dei frutti e l'arresto dei processi di maturazione dopo il distacco dei siconi.

Altro aspetto delicato riguarda la manipolazione dei siconi in quanto sono molto delicati, per cui durante la raccolta bisogna staccare il frutto con il peduncolo evitando di lacerare la buccia.

I frutti freschi possono essere refrigerati per 10-30 giorni (1-2°C e 90% di U.R).

L'essiccazione dei fichi può essere iniziata sull'albero oppure dopo la raccolta. In condizioni di buon soleggiamento l’essiccazione dei siconi interi viene completata in 4-8 giorni nel primo caso; nel secondo caso i fichi tagliati longitudinalmente in due metà richiedono 12-16 giorni per essere essiccati. Si ricorre all'essiccazione in stufa per completare il processo o per avviarlo (ciò consente di avere un prodotto più chiaro).

Fin dai tempi antichi i frutti di fico freschi sono usati per il consumo fresco e recentemente il loro valore nutritivo è stato ulteriormente esaltato (le sostanze pectiche prevengono le ostruzioni delle vene, il calcio è utilizzato per la produzione di latte per bambini, ecc). I fichi sono usati ampiamente come prodotto essiccato (unito con altra frutta secca, aromatizzato in vari modi, ricoperto con cioccolato o glassato, ecc). Anche i fichi selvatici sono usati per produrre fichi caramellati, dolci, insalate di frutta e marmellate. E’ possibile ottenere anche alcool. La ficina è estratta dalle foglie ed usata per scopi farmaceutici.


In cucina il frutto di fico si utilizza al naturale, essiccato, trasformato in succo o sciroppo, come contorno al prosciutto o ai formaggi, tostato e macinato per surrogare il caffè, guarnito con noci e mandorle, per estrarre alcool, ecc.

Avversità.

Il fico risente molto delle avversità climatiche, in particolare delle basse temperature e della grandine che possono distruggere completamente la produzione.

Danni possono essere provocati da una virosi (mosaico) e dai marciumi radicali; tra gli insetti risultano dannose alcune cocciniglie, la mosca della frutta (Ceratitis capitata) e la psilla del fico (Homotoma ficus).

Ricette.

crostata ai fichi e mandorle

2.- Toast al prosciutto con fichi secchi.

3.- Pesche sciroppate con salsa ai fichi d'India.

4.- Frustingo (o Fristingo) tra i dolci marchigiani è il più semplice ma è comunque molto gustoso ed energetico.

5.- Fichi al cioccolato ripieni di pinoli.

Fichi al cioccolato ripieni di pinoli

6.- Panna cotta con fichi freschi.

Panna cotta con fichi freschi

7.- Fichi caldi al mascarpone.

Fichi caldi al mascarpone

8.- Couscous dolce ai fichi.

Couscous dolce ai fichi

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1.- Piante medicinali in fitoterapia


Le piante hanno una diversità biochimica molto più ricca degli animali e almeno i quattro quinti dei metaboliti secondari oggi conosciuti sono di origine vegetale. La spiegazione di questo fenomeno risiede probabilmente nel fatto che le piante sono vincolate al suolo e devono evolvere una molteplicità di meccanismi di adattamento. I prodotti del metabolismo secondario sono in pratica gli intermediari con cui gli organismi vegetali comunicano con l’ambiente che li circonda, con lo scopo di trovare le condizioni più adatte per poter vivere, convivere, sopravvivere e riprodursi.
 
2.- Malattie e cure delle piante.


Anche se dedichiamo molte cure alle nostre piante, spesso queste si ammalano: bisogna sapere individuare con precisione il motivo per cui soffrono per porre rimedio nel migliore dei modi; ma come fare per capire da che cosa sono affette le nostre piante?
Malattie e cure.
Una pianta sempre ben curata è sicuramente più resistente alle malattie ma non è certo che non si ammali. Ti illustriamo in che modo individuare il problema e i suoi sintomi, quali piante devi proteggere e come debellare gli attacchi parassitari.
 
3.- La regina della notte, quindi i fiori seguono l'orologio.


Per chi è nottambulo, e può apprezzare la Regina della notte, di cui parliamo a fianco, c'è un'altra meraviglia da coltivare, la Bella di notte o Ipomea mexicana, che non passa facilmente l'autunno, e ancor meno l'inverno, all'aperto nel nostro clima. Ma che, di stagione in stagione, da una bella fioritura bianca e leggermente profumata nel corso delia notte. Per chi non è nottambulo, o non abbastanza mattiniero, ecco un altro fiore che sì comporta seguendo un orologio personale. È la popolare Ipomea Morning Glory, che apre il suo calice blu nelle prime ore del mattino, per richiuderlo verso le nove, dieci. Conservatene i semi per rinnovare la coltivazione l'anno prossimo.
 
4.-. Il «pomodoro da serbo» non va irrigato e si conserva fresco sino a primavera.

I pregi di questo tipo di pomodoro, coltivato da sempre nel sud Italia, fanno sì che trovi spazio negli orti familiari. Il problema sta nella difficoltà di reperire la semente.
II «pomodoro da serbo» è un ortaggio intimamente legato alla cultura alimentare del sud Italia. In passato questo ortaggio rappresentava l'unica fonte da cui si po­tesse attingere per il consumo fresco di pomodoro nel periodo autunno-invernale. Non ha bisogno di irrigazioni, né di interventi antiparassitari e si conser­va allo stato fresco fino a primavera. Questo pomodoro si trova prevalente­mente nelle regioni meridionali (Cam­pania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sici­lia) dove viene coltivato in piccoli ap­pczzamenti a partire dal livello del mare sino ai 500 metri di altitudine.
 
5.- Peperoni in technicolor, crudo nelle insalate, in pinzimonio o nella bagna caoda.


II peperone (Capsicum annuirti è un ortaggio proveniente dall'America del Sud. Comparso sulle tavole europee nel XVI secolo, oggi la sua coltivazione è molto diffusa in molti Paesi e in Italia.Tra i peperoni più pregiati ricordiamo quelli dì Carmagnola, prodotto agroalimentare tradizionale e presidio slow food (da oggi, fino al 7 settembre, il paese ospita la tradizionale sagra).
 
6.- 10 piante d’appartamento che ripuliscono l'aria di casa.

Piante-da-InternoDecorative ma non solo. Le piante d’appartamento contribuiscono a ripulire l’aria di casa. Ecco quelle consigliate a chi vuole incrementare la propria riserva di ossigeno. La formaldeide presente nel compensato e nella moquette. Il benzene di vernici e inchiostri. Persino l'acetone e l'etanolo, prodotti normalmente con la respirazione. L'aria delle nostre case è spesso piena di sostanze chimiche inquinanti, che possono essere eliminate scegliendo le piante d'appartamento adatte. Ecco dieci potentissimi (e graziosi) filtri naturali, in grado di rendere più sano l'ambiente in cui viviamo:
 
7.- Mangiare Sano, Mangiare Bene: il grande e variegato mondo dell'alimentazione.

Il grande e variegato mondo dell'alimentazione si divide in due capitoli che da sempre son ben distinti tra loro: l'aspetto gastronomico (mangiare è un piacere) e quello salutistico (mangiare bene o male dà salute o malattia). In rete esistono ormai centinaia di siti internet e riviste che trattano di alimentazione.
Incredibilmente, nessuno riesce a trattare l'argomento in modo coerente, onesto e completo. Le informazioni che si trovano hanno tre grandi difetti:
* Non sono coerenti perché spesso si contraddicono da sole (quello che oggi fa male domani fa bene...)

8.- Piante Aromatiche, ricche di oli essenziali.


Le piante aromatiche contengono sostanze di odore gradevole (aromi), ricche di oli essenziali, la cui funzione biologica si ipotizza possa avere funzione di difesa dagli insetti fitofagi, per i quali risultano repellenti; come stimolanti il metabolismo vegetale; nei fiori come attrazione per gli insetti pronubi, o semplicemente come inerti sostanze di scarto del catabolismo.
 
9.- Il Ficus, classico bonsai da interno, riesce a vegetare bene in ambienti poco luminosi e richiede pochissime cure per vivere in salute.

l genere Ficus appartiene alla famiglia delle Moraceae ed era già conosciuto ai tempi degli antichi romani, tanto che la propria denominazione affonda le sue radici etimologiche proprio in quel periodo storico.
Si compone di circa 600 specie, con il 90% di esse diffuse nelle regioni tropicali e subtropicali a clima caldo. Sono piante legnose dalle più svariate dimensioni che vanno dagli enormi Ficus benghalensis, alti alcune decine di metri fino ai piccoli rampicanti, quali i Ficus repens.
 
10.- I fagioli di Pigna famosi per il loro gusto morbido e delicato.


Grazie alle recenti leggi comunitarie sulla denominazione d'origine,tra i legumi con il "marchio" c'è anche questa specialità, coltivata nell'entroterra ligure da oltre tre secoli.
• Famosi per il loro gusto morbido e delicato, questi fagioli hanno buccia sottile, il che consente una cottura rapida(20minuti),senza aggiunte nell'acqua per intenerirli.
• Secondo la tradizione pignasca, accompagnano solitamente piatti di carne (famosa è la capra con i fagioli), ma il loro gusto li rende ideali anche
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Lungo la direttrice Roma-Pescara, a circa 100 Km dalla capitale sulla catena appenninica, nel “cuore verde d’Europa”, si apre la conca del  Fucino, un bacino di circa 13.000 ettari interamente pianeggiante e fiancheggiato da cime che arrivano anche ai 2.500 metri di altitudine. Più di 100 anni fa, e precisamente nel 1870, il Fucino era un lago che fu prosciugato dal principe Alessandro Torlonia.

Seguì quindi la bonifica e il terreno venne destinato prima alla coltivazione di patate, bietole e cereali, e successivamente, nell’ultimo ventennio, ad ortaggi.

fucino pianaCon particolare riguardo alle carote che, con una superficie di 2.500 ettari e con una produzione complessiva tra i 1.500.00 e 1.800.000 quintali annui, hanno fatto sì che al Fucino fosse assegnato il primato di area dove si produce il 30% della produzione nazionale, il 5% di quella europea e l’1% di quella mondiale. In questa zona, ad economia prettamente agricola, sono sorte diverse strutture di valorizzazione, tra cui circa 60 centri di lavorazione orticola dove avviene il lavaggio, la cernita e il confezionamento delle carote in armonia agli assemblaggi richiesti dal mercato e dalla Grande Distribuzione Organizzata.

Tanto interesse verso questo ortaggio è pienamente giustificato dal fatto che la carota del Fucino presenta caratteristiche qualitative di alto pregio, non riconoscibili nelle altre produzioni nazionali ed estere.

Qualità, che viene costantemente controllata dall’A.R.S.S.A. e dai tecnici Domenico Casaccia, Ernesto Recinelli, Agostino Corronca e Domenico Raglione, coordinati dal dott. Donato De Falcis, direttore generale dell’agenzia. Questa del Fucino è una terra giovane, generosa, con umidità costante, ricca di humus grazie alla sostanza organica che nel corso dei secoli si è continuamente depositata sul fondo del lago. Insomma, un vasto comprensorio che gode anche di un clima primaverile estivo particolarmente favorevole alla coltura, tanto che riesce a produrre quanto di meglio la “natura” può esprimere.

Fucino

Di qui l’ottima qualità della carota del Fucino che, oltre ad essere molto ricca di beta-carotene, non è legnosa. Infatti, tanto per fare un esempio, nelle zone sprovviste di impianti irrigui, se la stagione decorre siccitosa, i tessuti si induriscono eccessivamente a scapito della tenerezza del prodotto che non risulta più croccante. Cosa questa che non si verifica nelle carote fucensi per l’elevata capillarità dei suoi terreni. Queste caratteristiche sono ricercate, oltre che dal consumatore finale anche dall’industria di trasformazione (come ad esempio la Plasmon) che utilizza la carota del Fucino come ingrediente per minestroni, omogeneizzati, succhi e farine destinate all’alimentazione dell’infanzia.

Quindi le carote prima di tutto, ma non solo. Se queste gustose radici arancioni trovano qui nel Fucino il terreno ideale anche altre colture non sono da meno.

Infatti la coltivazione degli ortaggi ad Avezzano e nella conca del Fucino ha subito, negli ultimi venti anni, una radicale trasformazione: alle tradizionali coltivazioni (grano, patata, barbabietola) si sono progressivamente sostituite le colture ortive che adesso rivestono nell’economia agricola locale le principali fonti di reddito. Dopo le carote, il radicchio rosso, il finocchio, il cavolfiore sono diventati il fiore all’occhiello della zona in quanto sono state selezionate nuove varietà resistenti alle malattie con caratteristiche organolettiche migliori e più omogenee. Varietà che si adattano molto bene al clima locale mai siccitoso nel periodo estivo, tanto che, nei mesi di luglio e agosto, sono presenti sul mercato quasi soltanto gli ortaggi del Fucino.

Stesso discorso per la patata fucense: il comprensorio si è rivelato particolarmente idoneo alla coltura della patata per la sua altitudine posta a 700 metri sul livello del mare e per la relativa freschezza. Inoltre, la raccolta autunnale garantisce una buona e prolungata conservazione e commercializzazione senza alterazioni delle caratteristiche organolettiche. 

Lago_Fucino_Galleria_delle_Carte_Geografiche_(Musei_Vaticani)

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